Il rito, andato avanti per quindici anni, era questo. La vigilia di Natale, a mezzanotte, lui entrava nella chiesa della Gran Madre a Torino. Lo aspettavo fuori. Non per sgarbo e per disattenzione verso la fede, ma perché la celebrazione della Messa mi riportava ai tempi della personale “mala education” subita ai tempi del ginnasio da certi “cattivi maestri” salesiani i quali, contrariamente alla regola voluta dal loro padre fondatore Giovanni Bosco, sembravano impegnarsi al massimo per rendere la religione e la preghiera una sorta di gabbia persecutoria piuttosto che la strada maestra per poter raggiungere il Misericordioso. Non volevo farmi sangue cattivo proprio quella notte magica. Preferivo, dunque, sostare sulle scale di quel bellissimo e misterioso tempio riflettendo in beata solitudine aspettando che lui tornasse dopo aver recitato un “Avemaria” anche per me. Poi si andava a piedi verso casa mia che non era lontana. Lui, principe senza corona e senza scorta. Io, affabulatore senza platea. Due amici nella notte. La notte di Natale.
Sì, perché per anni e anni la pasticceria di Corso Vittorio era stata punto di riferimento quotidiano per la juventinità praticante (dirigenti e giocatori) e per quella tifosa un po’ blasè. Un aperitivo, prima di colazione. Una tazza di cioccolata calda fumante con dentro la panna per i più golosi, al pomeriggio. Un Punt e Mes con lo stuzzichino, prima della cena. Spumante per tutti quando la Juve vinceva. Offriva la casa. E tutti i clienti, nessuno escluso, lasciavano il cale con in mano un sacchettino pieno di cremini, giandujotti e preferiti a liquore rigorosamente prodotti uno per uno da mani sapienti. Fuori, poco distante lungo il corso verso il fiume, la celebre panchina sulla quale i ragazzi del liceo d’Azeglio fondarono la società bianconera. E non era certamente un caso se la famiglia Agnelli aveva eletto la Pasticceria Peyrano come sua fornitrice ufficiale per soddisfazione propria e per quella degli amici o conoscenti quando era tempo di fare un regalo. Ora resteremo tutti con l’espressione un po’ così. Un oceano di ricordi nella mente e l’amaro in bocca.