Allegri e Mourinho a braccetto in classifica, forse i veri 'number one' sono Inzaghi e Pioli
di
Marco Bernardini
Questa prima parte di stagione calcistica in fase di esaurimento ha provveduto ad abbattere alcuni luoghi comuni che si erano ben radicati nell’immaginario collettivo degli appassionati. Il più evidente e anche piuttosto clamoroso riguarda il tecnico portoghese Josè Mourinho il cui ridimensionamento professionale è testimoniato dall’andamento altalenante e un poco schizofrenico della Roma la cui piazza lo aveva accolto come il personaggio il quale avrebbe riportato la squadra giallorossa a vivere un campionato di estasi sthendaliana.
Il giorno in cui la società della capitale aveva annunciato l’arrivo dello ”special one” una grande fetta della tifoseria juventina si mostrò stizzita e ostile nei confronti della dirigenza bianconera perché, a suo avviso, per raddrizzare la zoppicante Juventus del dopo Sarri e Pirlo l’unico allenatore possibile e in grado di poterlo fare sarebbe stato proprio Mourinho con in sottordine Guardiola. La Juventus, invece, richiamò dall’Aventino Massimiliano Allegri ovvero un tecnico il quale, concettualmente, era l’opposto del suoi predecessori. E le perplessità aumentarono.
Ora, giunti quasi a metà percorso, i numeri della classifica che segnalano Juventus e Roma a braccetto testimoniano inequivocabilmente che entrambe le valutazioni non erano proprio così esatte perché non avevano tenuto conto di una variabile importante. Non solo le società e le squadre sviluppano i loro percorsi seguendo la cadenza dei cicli storici, ma gli stessi singoli personaggi sono naturalmente destinati allo stesso tipo di parabole e di mutamenti. Mourinho, alla resa dei conti, non è più il “deus ex machinae” del calcio internazionale esattamente come Allegri non è il “silenzioso vincente”.
La realtà di questo campionato, dunque, è caratterizzata da un netto ridimensionamento dei “miti” e, in parallelo, dalla rivalutazione di figure meno chiassose sotto il profilo della comunicazione ma al contempo puntuali e regolari come un motore diesel. Le performances dell’ Inter e del Milan confermano pienamente il teorema degli avvicendamenti. E forse, dunque, erano e sono proprio Inzaghi e Pioli gli autentici “number one”. Almeno sino a quando anche per loro la ruota non comincerà a girare nel verso contrario.