Puntuale, in arrivo da chissà dove, su quella palla di finto disimpegno piombava Zibi Boniek. Lesto come il lampo, leggero come una piuma, spirito da corsaro all’arrembaggio. Nessuno o pochi riuscivano a impedirgli la missione che spesso terminava con il gol e poi con l’abbraccio trai i due complici.
Il più delle volte l’evento accadeva di notte, quando il teatro dello Stadio Comunale era illuminato dalle alogene. E lui, il polacco rosso malpelo, spiccava ancora di più sotti quelle luci artificiali. Di giorno, si sa, i raggi del sole sfumano i colori. Così, un giorno a New York, l’avvocato Gianni Agnelli volle presentare la coppia dei suoi campioni all’amico Henry Kissinger in questo modo: “Lui è Platini, bello di giorno mentre lui è Boniek il nostro bello di notte”. E fu subito leggenda.
A Roma si era completato il ciclo favoloso di Roberto Falcao. La squadra giallorossa era rimasta senza re. Un vuoto che andava colmato con un’operazione di mercato dal sapore forte. Boniek, così, fu costretto a lasciare la ”sua metà” Platini, e arrivò nella capitale per vestire la maglia di una delle rivali storiche della Juventus. L’impatto non fu dei migliori sotto l’aspetto della partecipazione popolare. L’inizio del sodalizio venne caratterizzato da molta indifferenza e da tanta diffidenza. “Juve…Juve…” gli urlavano i tifosi durante i primi allenamenti. Non conoscevano Boniek. Non sapevano del suo carattere da autentico corsaro e da campione che consegna l’anima e il cuore a coloro che credono in lui.