Leonardo Bonucci e il ritorno al Milan. Sono passati praticamente tre anni, e in qualche modo la ferita si è rimarginata a suon di prestazioni, gol e chiusure. Eppure, il ricordo è ancora fresco: e aiuta a capire quanto, nel calcio, tutti i tipi di sentimenti contino ancora parecchio. Ecco il racconto dell'agente, Lucci, a Il Foglio. 

SERVIVA CORAGGIO - "Per accettare l'idea di lasciare la Juventus, con la quale esiste un legame indissolubile, serviva molto coraggio. Leo si sentiva ferito dentro, ma andare via non è stato semplice. Quando lo proposi al Milan sembrava una situazione impossibile, poi finì per diventare il calciatore più pagato in Serie A. Un blitz che volli chiudere subito per evitare l'insurrezione dei tifosi, effetti esterni che avrebbero potuto far saltare la trattativa. Tanto di cappello per l'uomo Leonardo. Andava in un club il cui obiettivo era quello di candidarsi al titolo, dopo aver speso 200 milioni sul mercato". 

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IL RITORNO - "Non era una questione di destinazione, è come quando entra in crisi un amore che poi, passata la fase calda, torna in mente intensamente causando sofferenza, perché sai che non è finito davvero. Voleva tornare Leonardo, non Bonucci. L'uomo, prima del calciatore. Avevamo iniziato a parlarne già parecchi mesi prima della fine del torneo. L'impossibile che diventa ancora possibile. Sembrava una follia: in tre mesi di lavoro, abbiamo montato una triangolazione complicatissima che pure includeva Higuain e Caldara. Ho capito che avevamo appena compiuto un capolavoro: un'operazione sicuramente di blasone, ma soprattutto di genialità, perseveranza e alto acume strategico. Gratificazione che diventa emozione pura quando aiuti un ragazzo a realizzare un suo desiderio".