IL MOMENTO - «Ma lasciamo stare la singola partita. Proviamo a fare un ragionamento generale. E allora dico che il nostro calcio non riesce a superare il proprio limite, che è quello della supremazia della tattica, peggio, del tatticismo su ogni altro aspetto che contribuisce a vincere a livello internazionale. L’attenzione, la forza, l’energia, l’intensità e la qualità dei giocatori. Sottolineo: la qualità dei giocatori. Senza queste componenti non ci sono schemi che tengano. E il riflesso negativo è duplice. Non solo hai una rosa meno competitiva. Ma anche i giocatori a disposizione, soprattutto giovani, di sicuro non migliorano. Se vuoi crescere devi misurarti con i più forti. Vale nel tennis, vale nel calcio. Se vuoi alzare il livello devi riuscire ad arricchire la squadra. Quando questo è accaduto, fino a una decina di anni fa, era molto più facile essere protagonisti. Almeno con i club. Perché il calcio delle nazionali è un calcio diverso. Attenzione: non dico che non si debba studiare, approfondire. Però l’asse su cui muoversi per primeggiare a livello europeo è dato da quegli elementi che ho ricordato».
RIGORI NEGATI - «E’ un tema. Non vorrei discutere ancora dei rigori negati a Juventus e Lazio o dell’espulsione subita dall’Atalanta. Sono casi, certo, che fanno riflettere... Che pesano. Io dico che gli arbitri in questo calcio senza pubblico, ormai spettacolo televisivo, hanno una responsabilità ancora più grande. Debbono avere una sensibilità ancora maggiore. Una partita con un uomo in meno non solo risulta sbilanciata ma anche meno attrattiva per chi la guarda».