Non conosco il volto e né l’identità anagrafica del mentecatto che ieri sera, in diretta da uno studio della tv di Stato, ha costretto il  giocatore della Juventus Benatia ad abbandonare la postazione delle interviste dopo che dallo spazio e dentro le sue cuffie aveva udito la frase ”Cosa vuole quel marocchino di merda?”. Non so chi sia e manco lo voglio sapere. Dovrebbero essere i suoi datori di lavoro, semmai, a stanarlo e a dirgli o dargli ciò che merita. Il tutto mantenendo l’anonimato per evitare che in questo nostro Paese delle Meraviglie vi sia l’ennesimo pretesto per creare nuovi linciaggi o di schieramenti a favore.

Da parte mia, come professionista appartenente a un Ordine giornalistico o anche semplicemente tecnico del quale certamente fa parte il proprietario di quella “voce” arrivata dallo spazio, posso dire soltanto di provare un senso profondo di desolazione e di vergogna al pensiero di essere costretto a accomunare quella frase incivile con la fisionomia di un qualsiasi collega.

Benatia ha due nuove pretendenti. La situazione
Un episodio tanto più grave e censurabile del solito se si riflette sul fatto che è accaduto, esternato con lucidità e in piena coscienza, all’interno di una struttura di informazione pubblica e non nella sede di una delle tantissime radio commerciali le quali, in quanto a trasmissioni calcistiche, sono pressoché di “proprietà” intellettuale e ideologica di tifosi ultras.

Un insulto, senza senso, che ci offende tutti come appartenenti a una società civile solo all’apparenza ma in realtà arrivata a un punto di rottura davvero molto preoccupante per ciò che riguarda la dignità umana e il rispetto per il prossimo. La triste punta di un iceberg sotto la quale ci stanno le sciagurate immagini del “manichini impiccati” o i graffiti scolpiti contro la memoria e la sacralità per i caduti di Superga. Un comportamento, frutto della ‘sragione’ e della maleducazione, purtroppo dilagante che si è insinuato come una cellula malata nel Dna di coloro i quali, non possedendo adeguati anticorpi, sono stati sopraffatti dal virus e come gli zombie vorrebbero contagiare chi ancora è sano di mente e di anima.

Qui non si tratta di campanilismo o di partigianeria tifosa. Lo sfottò, intelligente anche se magari pesante, è ammesso perché fa parte del folklore.  In certe occasioni è persino il sale del calcio se dosato con saggezza. Qui siamo di fronte alla purtroppo ennesima manifestazione di odio e di intolleranza squisitamente razzista inaccettabile senza se e senza ma. Una volgare esibizione di nazifascismo intellettuale molto pericoloso perché non più da “bar dello sport” ma in arrivo da un luogo istituzionale per la voce di chi vorremmo fosse un alieno anziché una persona malata che comunque appartiene alla specie umana. Anzi, a quella sottospecie ormai fin troppo popolosa e contagiosa.