La battaglia giudiziaria della Juventus si arricchisce di un nuovo capitolo. I legali di Andrea Agnelli hanno infatti scritto alla Procura Federale, con molti contenuti della memoria di 36 pagine composta da Luigi Chiappero e Maria Turco riportati oggi dal Corriere della Sera.  

VITTIMA DEGLI ULTRA' - "Lo spessore criminale dei capi ultrà, interlocutori obbligati della società ha determinato, nei dipendenti deputati a trattare con costoro, uno stato di soggezione che la relazione, pur conoscendola, ha finito col sottovalutare", si legge nella memoria, con cui i legali bianconeri chiedono alla Procura di archiviare il caso. Perché, secondo gli avvocati, sulla Procura pesa un'ansia accusatoria: quella di dimostrare presunte relazioni tra Agnelli e Rocco Dominello, considerato dalla pubblica accusa un esponente della cosca dei Pesce-Bellocco. Agnelli prende quindi le distanze dall'accusa mossa dalla Figc di aver "favorito l’osmosi tra mondo ultrà e criminalità organizzata". I rapporti tra Juve e soggetti legati alla ‘ndrangheta "erano già stati esclusi dalla Autorità giudiziaria", si ribadisce: "l’avere voluto indagare, sostituendosi alla magistratura ordinaria, ha condotto gli estensori della relazione a commettere un gravissimo errore, la vittima di indebite pressioni è diventata artefice e complice del giro di facili guadagni derivanti dal bagarinaggio. Non è così". Secondo il presidente della Juve, la ricostruzione dei fatti effettuata da Pecoraro "non è aderente con quanto avvenuto". E' altresì sottolineato che "l’unico obiettivo era l’ordine pubblico dentro al nuovo stadio." D'altra parte, che la Juve fosse una vittima degli ultrà, lo avrebbero già appreso i carabinieri della compagnia Torino Oltre Dora. Nel documento pubblicato dal sito del Corriere della Sera viene citato un rapporto dei militari, in cui sono citate "strategie criminali" finalizzate a "estorcere biglietti e benefit". Con la puntualizzazione che "le concessioni sono il frutto della necessità di mantenere un ordine pubblico che è sempre stato gestito in collaborazione con le forze dell’ordine". Proprio nei confronti di queste ultime viene esplicitato come, prima dell’indagine Alto Piemonte, "nessuno ha mai preso provvedimenti" e come "...per evidenti politiche di gestione dell’ordine pubblico, è stata la Juventus a doversi occupare all’interno dello stadio della sicurezza, con la necessità quindi di doversi confrontare costantemente con soggetti problematici di difficile gestione".

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I PROBLEMI DELLA GIUSTIZIA SPORTIVA - La difesa da parte del club bianconero evidenzia ancora di più la cesura, a tratti problematica, tra l’ordinamento statale e quello sportivo. Prima di tutto per l’inversione dell’onere della prova, che nell’ambito della giustizia ordinaria è a carico dell’accusa (presunzione di innocenza dell’imputato) mentre nella giustizia sportiva cade sulle spalle dell’accusato. Inoltre è bene ricordare che nel processo sportivo la pena è immediatamente esecutiva e in aula non sussiste neppure l’obbligo di contraddittorio, che anche se richiesto dalla difesa rimane a discrezione dell’accusa. Alla questione del minor garantismo si aggiunge poi quella della responsabilità oggettiva, messa indirettamente in luce dall’avvocato Chiappero con il riferimento nelle memorie alla pressione esercitata dagli ultrà. All’art. 4, comma 3 del Codice di Giustizia Sportiva si legge infatti che “Le società rispondono oggettivamente anche dell’operato e del comportamento delle persone comunque addette a servizi della società e dei propri sostenitori”. Proprio questa fondamentale introduzione giuridica mantiene alto il rischio di veri e propri ricatti da parte dei gruppi ultras nei confronti delle società sportive, che incorrerebbero certamente in pene qualora cedessero al ricatto stesso. Un rischio, adesso corso in prima persona dal presidente Agnelli e dalla Juventus, che potrebbe colpire (e che colpisce, di fatto) qualsiasi club del nostro calcio.


@mcarapex