LIBRO - «Ma io parlo sempre bene di tutti. Anzi, dico la verità. Siete voi giornalisti… (sorride). Pensa che il mio timore iniziale era che uscisse piatto, un libro piatto. Tante volte uno scrive per essere polite. Il dubbio l’ho conservato anche dopo averlo finito e riletto. Perché in carriera? L’ideale sarebbe stato un pelo prima della fine, quello il momento adatto. Devo essere onesto, il libro l’avevamo praticamente chiuso l’estate scorsa e sarebbe dovuto uscire a Natale. Poi c’è stato l’infortunio. Così siamo passati a Pasqua, per avere un inizio e una fine infortunio. Ci si è messo di mezzo pure il covid e siamo arrivati a maggio».
15 ANNI DI JUVE - «Quindici anni alla Juve sono tanti, ti entrano dentro, sicuramente mi considero fortunato per averli fatti, ma allo stesso tempo mi rendo conto che non è così semplice. La Juventus ti impegna, le pressioni sono continue, in questi quindici anni ho vissuto in paradiso, all’inferno, di nuovo in paradiso…. Inferno? Paradossalmente i due settimi posti. Più della serie B. All’epoca ero molto giovane, la mia situazione non era paragonabile a quella dei grandi campioni che avevo accanto. Gente che aveva appena vinto la coppa del mondo o giocato la finale e si ritrovava in B. Avevo ventidue anni appena, la B è stata un’occasione per confermarmi, consolidarmi nella squadra. I due settimi posti sono stati i più brutti perché, tornati in serie A, avevamo ottenuto un terzo, un secondo e c’era la sensazione di riuscire a competere per vincere. Due annate pessime dalle quali abbiamo dovuto sempre ripartire, da lì e nata un’avventura inimmaginabile».
CATTIVERIA - «Ecceduto? E’ capitato, mai con cattiveria, quella mai. Io mi reputo un buono, che non significa un santo. Entrare per far male, inammissibile. Mi è capitato di far male a qualcuno e ci son rimasto molto male. L’avversario è un giocatore come te».
ALLEGRI E SARRI - «Max è un esteta. E’ molto più brillante, più leggero, nei cinque anni è cresciuto in modo esponenziale, sa abbassare e alzare i toni. Ha una sensibilità che pochi hanno e che non ho riscontrato in molte persone, e non parlo solo di allenatori. Conoscevo Max, ma poco più di un ciao ciao, pur essendo entrambi di Livorno. Negli anni mi ha stregato, conquistato, sì. Ci ha dato un boost ulteriore. Sarri è molto più meticoloso, quindi è più simile a Conte che non ad Allegri, ma con princìpi e sistemi differenti. Si basa tanto sui numeri, è un amante del gioco, del possesso palla. Lui è un utopista ed è il primo ad ammetterlo, anche quando fa il 90 per cento di possesso palla pensa di poter andare oltre, un eterno insoddisfatto, insegue la perfezione. Ogni allenatore vene giudicato sulla base dei risultati, quindi li deve ottenere sempre. Cambia il modo, non l’obiettivo».
COVID E QUARATENA - «Ho vissuto tutto con grande calma. Le decisioni affrettate sono sempre sbagliate. Era necessario valutare la curva, i dati, l’evoluzione della pandemia, capire come ci saremmo trovati alla scadenza di fine maggio. Intorno a Pasqua ero pessimista, perché con 6,700 morti al giorno sembrava impossibile pensare al campionato. A inizio maggio sono diventato molto ottimista, anche se quando siamo rientrati a Torino abbiamo avvertito la sensazione di vivere in una città fantasma, senza certezze, la paura di mettere il naso fuori e fare casa-campo. Dal 18, quando hanno riaperto l’Italia, non ho avuto più dubbi. Anzi, uno lo conservo ancora. La speranza di tutti noi è che venga tolta la quarantena. Le cose sono cambiate radicalmente, a metà maggio si potevano chiedere delle cose, a inizio giugno anche, ma il venti giugno no. Devono togliere questo ostacolo. Il positivo può realisticamente saltar fuori, ci sono mille persone intorno a una squadra, ma altrettanto realisticamente si deve proseguire, la malattia ha un’evoluzione incoraggiante. Certo diventa difficile decidere. La speranza è che ci permettano di completare la stagione».
CONTRO BUFFON - «Ma no, guarda… A parte che siamo fratelli, e poi comunque abbiamo abitudini, passioni, formazioni differenti: sono convinto che ognuno di noi possa essere utile alla Juve o al calcio. Non c’è antagonismo, siamo complementari».
SCUDETTO - «Perché tutti danno l’Inter per morta? Conoscendo l’allenatore e i giocatori non la trascurerei, in un mini campionato matto 9 punti sono niente. E se batte la Samp in casa i punti scendono a sei. Certo, la Lazio sta facendo un percorso bellissimo. Ha acquisito la concretezza e l’equilibrio difensivo che le mancavano, davanti ha sempre fatto paura, attacca benissimo, ricordo un 6-1 alla Samp. Alberto, Milinkovic e Ciro sono poesia. Si godano questo momento, ma non in eterno».