L’AD bianconero ha parlato pure dell’effetto Stadium che non c’è più, e non se n’è rammaricato più di tanto, come invece stanno facendo da mesi sui social un bel po’ di tifosi juventini. Anche con una parte di ragione, perché è davvero squallido andare a vedere una partita della Juve ed avere l’impressione di essere a teatro anziché allo stadio. Non sembra nemmeno di giocare in casa, col tifo dei supporters avversari che quasi sempre sovrasta quello casalingo, pressoché inesistente.
Poi però c’è stata l’inchiesta “Last Banner”, il successivo processo e le conseguenti condanne che hanno praticamente azzerato i vertici del tifo curvaiolo e innescato la guerra tra ultrà e società Juve. Con quest’ultima determinata a non intrattenere più rapporti con quel tipo di tifoseria, avendone subìto in precedenza minacce ed estorsioni. Per la prima volta in Italia è stata infatti riconosciuta da un tribunale dello Stato l’associazione a delinquere in un contesto calcistico, e la Juventus - che aveva denunciato determinati comportamenti, costituendosi poi parte civile nel processo – ha deciso di cambiare radicalmente politica nei confronti del tifo organizzato.
In sintesi: se il tifo organizzato porta problemi, se ne può fare a meno. Alla società interessa riempire lo stadio con un altro tipo di clientela, meno agitata ma lo stesso partecipe dell’evento. “Un tifo sano” ha specificato l’ad bianconero.
Considerati i prezzi della prossima campagna abbonamenti (i più cari della serie A), c’è chi è convinto che alla Juve si punti solo sul tifoso benestante, escludendo in automatico gli altri, ma dal club replicano dicendo che per i rinnovi si possono sfruttare sconti e crediti pregressi causa Covid e che quindi, allo Stadium, possono venirci tutti, senza distinzioni. Sempre se hanno ancora voglia di vedere la Juventus dal vivo, e di tifarla.