Non ritengo infatti possibile che, ai tempi della tecnologia applicata al calcio, il designatore arbitrale possa affermare che la Var non serva per “redimere tutti i dubbi” altrimenti – sostiene lui - si andrebbe a penalizzare troppo lo spettacolo. Non sto scherzando, lo ha detto sul serio ed è inammissibile. Solo per evitare di dire che sabato sera l’arbitro Fabbri ha preso un colossale abbaglio quando ha scambiato la simulazione di Caicedo per un atterramento da parte del portiere viola Dragowski. Anziché ammettere l’errore, Rizzoli prima ha pilatescamente detto che, in casi analoghi, “il 99% degli arbitri avrebbe dato il rigore” dopodiché è partito con una delle sue solite supercazzole dialettiche dal finale spiazzante. Questo: "la Var non può e non deve essere usata sempre, in modo da non incidere troppo sul gioco".
Secondo Rizzoli, l’aiuto tecnologico va sfruttato solo in caso di “errori chiari ed evidenti”. Escludendo a priori episodi come il tuffo in area di Caicedo e la pedata di Barella a Kulusevski (entrambi non visionati dall’arbitro al Var). Ci spieghi il designatore cosa intenda per errore chiaro e evidente. Spesso commesso dal direttore di gara proprio quando si rifiuta di recarsi al monitor per capire cos’è realmente successo in area di rigore.
A corollario delle perle di Rizzoli, pure l’ex arbitro Bergonzi ha voluto rafforzare le tesi del designatore: “Caicedo? In casi del genere si dà sempre rigore perché il contatto c’è”. Detto da uno che in un Napoli-Juve del 2007 regalò ben due rigori ai partenopei facendosi fregare dalle simulazioni di Lavezzi e Zalayeta, salvo confessare poi il doppio errore davanti ai giudici di Calciopoli.
Il bello, o il ridicolo, del calcio. Scegliete voi.