“Un po’ folle ed insolito, strano da molti punti di vista” il sintetico commento dell’ex capitano bianconero Alessandro Del Piero, invitato pure lui di recente a esprimersi sulle analogie tra caso City e Juve, e quindi sulla Calciopoli che investì lui e il suo club. Del Piero ha ragione a stupirsi ancora, anche a 14 anni di distanza. Qualcosa di anomalo accadde quell’estate, e l’anomalia si perpetrò pure negli anni a venire, col processo ordinario e i successivi ricorsi. Le telefonate maggiormente compromettenti coi designatori (autorizzate dal sistema di allora, è sempre bene ricordarlo) le fecero altri club, e non la Juve. È tutto documentato. La Juventus venne però spedita lo stesso in Serie B e qualcun’ altro , che chiedeva esplicitamente di poter vincere una partita e di pilotare il sorteggio arbitrale, ricevette in dono uno scudetto. Tutto documentato pure questo, attraverso tabulati di telefonate parecchio espliciti.
Eppure le uniche sentenze, le uniche telefonate continuamente ricordate sono quelle riguardanti la Juve, la quale, ogni volta che ha provato a trovare giustizia presentando ricorso, si è sentita rispondere dall’ordine giudicante in quetione di non essere competente in materia. Tutto sempre più “folle e insolito”. Nonostante la prima Calciopoli sia zeppa di ombre e buchi neri, c’è chi in queste ultime settimane spinge perché se ne possa aprire un’altra, sobillando continuamente l’opinione pubblica con accuse pesanti e dirette nei confronti di un sistema arbitrale – a loro dire – poco trasparente e autoritario. E il “sentimento popolare” dal vago sapore giacobino, monta sempre di più, proprio come avvenne in quei primi anni 2000, nella speranza che sfoci in un finale analogo. È una tattica.
Sarebbe però altrettanto interessante indagare se esista qualcuno che a sua volta sobilla i così insistenti sobillatori. Nell’epoca del sospetto, non sarebbe poi così “folle e insolito”.