Tanto si scrive e tanto si cerca di interpretare il modo di giocare della Juventus di Andrea Pirlo. Ma qual è la verità? A dare una risposta ci prova la Gazzetta dello Sport, che nell'edizione oggi in edicola fa uno schematico ed esauriente resoconto.

Andiamo a tratteggiare i dati salienti:

IL MODULO - In fase difensiva è un 4-4-2, ed è lo schema con cui noi disegnamo la squadra quando ne stiliamo le formazioni. Ma in fase d'attacco assume la forma di un 3-2-5: i due difensori centrali e uno dei due terzini (in genere il sinistro, ma non è una legge fissa) restano bloccati; i due centrocampisti fanno raccordo e impostano; Morata riferimento centrale, l'altra punta combina, il falso esterno/trequartista (Ramsey, Kulusevski o McKennie) s'inserisce, il terzino di spinta (spesso Cuadrado, ma non sempre) e l'ala pura (Chiesa o Bernardeschi) aprono il gioco.

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IL CENTROCAMPO - Un ruolo cruciale è svolto dal centrocampo. Reparto contestato, molti sostengono che si dovrebbe giocare con 3 centrocampisti puri. Ma la linea di Pirlo è quella dei due mediani e con quella si va avanti. Ci vorrà ancora tempo per trovare la coppia definitiva, e forse senza intervenire sul mercato non si formerà mai perché tutti e 4 hanno caratteristiche differenti e, pur essendo tutti ottimi giocatori, nessuno è un fuoriclasse. Ma delle costanti si vedono: uno slot è occupato da Arthur o Bentancur (quelli più simil-registi, pur con peculiarità molto diverse) e l'altro da Rabiot o McKennie (il duttile americano l'abbiamo già visto sopra come alternativa anche nel ruolo di Ramsey e Kulusevski). Qui, però, il problema c'è: mancano i titolari e si vede. Se la Juve sale e scende il motivo è anche questo: prestazioni troppo diverse in base agli interpreti.

MIGLIORAMENTI E NERVI SCOPERTI - La Juve, rispetto a inizio anno, sta gradualmente alzando il baricentro e aumentando i passaggi nella metà campo avversaria, segno che i reparti si accorciano e il pressing alto migliora di efficacia. Tuttavia è ancora troppo lenta la manovra e ci sono rebus tattici da risolvere legati soprattutto all'adattabilità di certi elementi nei moduli di Pirlo: emblematico il caso di Kulusevski, che si ritrova con gli stessi compiti di un Ramsey o di un McKennie. Infine, passando dalla tattica alla mentalità, c'è da recuperare il killer instinct andato perduto dopo i successi allegriani.