C'è un prima e un dopo questa partita, inevitabilmente. E il prima era fatto di incertezze: se non si sblocca, o se va sotto addirittura, come e quanto reagirà questa Juve? Alla Red Bull Arena non c'è stato soltanto un dubbio esistenziale: si è messo in discussione tutto un percorso, e solo per una sfortuna sfacciata. A fine primo tempo, ma pure fino all'espulsione di Di Gregorio e poco dopo arrivando al rigore di Sesko, sembrava la perfetta rappresentazione della legge di Murphy: se qualcosa può andare male, state pur certi che andrà così. O pure peggio. Ecco, in serie: Bremer, Nico, lo svantaggio dopo il gol divorato, Di Gregorio, Douglas Luiz e il braccio largo. Scene che avrebbero tagliato le gambe a tante Juventus, non a questa: è troppo concentrata, e in fiducia. Ed è soprattutto innamorata delle idee dell'allenatore, mai messo in discussione dallo spogliatoio, neanche quando toglie un difensore per mettere un centrocampista in inferiorità numerica. Che segnale, dai.
Juventus, Lipsia crea un prima e un dopo. A questa squadra non manca più nulla per sognare
E' tutto diverso. Ed è tutto più bello. Questa Juventus si candida a prendersi un pezzo di cuore e a non lasciarlo più: ha carattere, è sveglia, è sbarazzina. Ed è più forte della sfortuna, di quello che ti succede quando tutto sta per precipitare e no, non hai nemmeno il permesso di mollare. E' immagine e somiglianza del suo allenatore, del carisma e dell'ambizione. Ed è perfetto prolungamento della storia di questa società: quando tutto sta andando male, c'è sempre una speranza per ribaltare l'andamento. Soprattutto se, quella speranza, te la crei con la fatica e sudore degli allenamenti. E' una banalità? Forse. Però è pure il segreto di questa squadra.
C'è un prima e un dopo questa partita, inevitabilmente. E il prima era fatto di incertezze: se non si sblocca, o se va sotto addirittura, come e quanto reagirà questa Juve? Alla Red Bull Arena non c'è stato soltanto un dubbio esistenziale: si è messo in discussione tutto un percorso, e solo per una sfortuna sfacciata. A fine primo tempo, ma pure fino all'espulsione di Di Gregorio e poco dopo arrivando al rigore di Sesko, sembrava la perfetta rappresentazione della legge di Murphy: se qualcosa può andare male, state pur certi che andrà così. O pure peggio. Ecco, in serie: Bremer, Nico, lo svantaggio dopo il gol divorato, Di Gregorio, Douglas Luiz e il braccio largo. Scene che avrebbero tagliato le gambe a tante Juventus, non a questa: è troppo concentrata, e in fiducia. Ed è soprattutto innamorata delle idee dell'allenatore, mai messo in discussione dallo spogliatoio, neanche quando toglie un difensore per mettere un centrocampista in inferiorità numerica. Che segnale, dai.
E che squadra, poi. Perché non è sempre scontato dare concretezza alle proprie idee, soprattutto se queste implicano una difficoltà che va dal fattore fisico a quello mentale. Vuol dire stare bene, stare in forma, essere forti. Ed essere diversi, enormemente diversi. Già un mese dopo l'inizio di tutto.
C'è un prima e un dopo questa partita, inevitabilmente. E il prima era fatto di incertezze: se non si sblocca, o se va sotto addirittura, come e quanto reagirà questa Juve? Alla Red Bull Arena non c'è stato soltanto un dubbio esistenziale: si è messo in discussione tutto un percorso, e solo per una sfortuna sfacciata. A fine primo tempo, ma pure fino all'espulsione di Di Gregorio e poco dopo arrivando al rigore di Sesko, sembrava la perfetta rappresentazione della legge di Murphy: se qualcosa può andare male, state pur certi che andrà così. O pure peggio. Ecco, in serie: Bremer, Nico, lo svantaggio dopo il gol divorato, Di Gregorio, Douglas Luiz e il braccio largo. Scene che avrebbero tagliato le gambe a tante Juventus, non a questa: è troppo concentrata, e in fiducia. Ed è soprattutto innamorata delle idee dell'allenatore, mai messo in discussione dallo spogliatoio, neanche quando toglie un difensore per mettere un centrocampista in inferiorità numerica. Che segnale, dai.
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