Coppa Italia, quei minuti di silenzio orgoglio per il nostro calcio ritrovato
di
Marco Bernardini
Non definiamola più “coppetta”. Sedici milioni di telespettatori spalmati sulle due serate rappresentano una cifra tutt’altro che simbolica e danno l’esatta idea sulla voglia di pallone che la gente aveva. Ma non è questo a rendere finalmente importante la Coppa Italia che, negli ultimi anni, era sempre stata vista come un trofeo minore.
IMPEGNO - Se vogliamo non è stato neppure lo spettacolo agonistico offerto dalle quattro semifinaliste in campo, rispettivamente a Torino e a Napoli, ad aver sdoganato la valenza dell’evento riportandolo al posto che merita. Si arriverà alla finale di mercoledì prossimo, a Roma, reduci da due pareggi e da altrettanti gol segnati con il sovraprezzo di un rigore sbagliato da chi mai ti aspetteresti. I giocatori di Juventus, Milan, Napoli e Inter ce l’hanno messa tutta, certamente, ma gli effetti della lunga e inattesa sosta obbligata si sono fatti notare con relativa frammentarietà dello spettacolo.
LE PARTITELLE - Neppure il clima da teatro senza pubblico ha aiutato l’evento, il quale, in quanto a spettacolarità, per certi versi e a tratti, pareva più una partitella amichevole di metà settimana piuttosto che un confronto da dentro o fuori e quindi di assoluto appeal emotivo. Del resto è ciò al quale dovremo fare l’abitudine ancora per un poco di tempo. Il gioco del calcio praticato a distanza da pubblico e tifosi è come un film di Sergio Leone senza l’accompagnamento della colonna sonora composta dal maestro Morricone. Manca qualcosa. Manca tanto.
QUEI 2' ETERNI - Eppure, malgrado tutte queste carenze imposte dalla crisi sanitaria, la Coppa Italia di quest’anno verrà ricordata come uno step calcistico praticamente unico per attrattiva emotiva e per comportamento esemplare dei suoi protagonisti. Il tutto racchiuso in quei due minuti di silenzio che, osservati dalla televisione, sono sembrati eterni e hanno colpito dritto al cuore gli spettatori. Il momento della riflessione e del ricordo e anche del ringraziamento. Mai silenzio è stato così spaziale e non per l’assenza del pubblico. Giocatori, allenatori e arbitri sembravano in apnea schierati intorno in circolo ai tre operatori sanitari a rappresentanza degli eroi che hanno lottato e sono morti per combattere il virus.
EMOZIONI - Il viso di tutti mostrava la reale partecipazione al dolore di una nazione e del mondo intero. Occhi perlopiù serrati e labbra che si schiudevano per recitare una preghiera. Le lacrime di Gattuso che pensava alla sorella Francesca. Antonio Conte per una volta umanamente rilassato e commosso. Sarri senza tra le labbra il bocchino alla nicotina. Pioli bianco più dei suoi capelli. E poi quell’applauso finale decisamente più lungo e più intenso del dovuto per protocollo. Due minuti che nessuno dimenticherà mai e che regalano al calcio una Coppa piena di orgoglio.