Riaggressione totale. Occupazione perfetta degli spazi. Intensità. Forza. Attenzione ai dettagli. Centrocampisti che s'allargano e si stringono in maniera estremamente puntuale, come fosse una fisarmonica da sagra di paese. Ha ricordato, e forse pure un po' per gli interpreti in campo, il Bologna di Thiago e (soprattutto) il modo in cui gli altri proprio non la prendevano. Quel primo tempo show contro la Juve di Montero, capace poi di rimontare perché nella ripresa era già partita la festa Champions.
L'inevitabile gioco delle responsabilità toccherà naturalmente la sfera del CT. "C'è bisogno che io mi difenda a un certo punto", ha dichiarato a caldo. E ha ragione. Così come ha ragione chi chiede sportivamente la sua testa. L'Italia è stata troppo brutta per essere vera, e buona parte delle colpe sono dettate dalla confusione con la quale il commissario tecnico ha affrontato questo viaggio. Di Guardiola si diceva fosse un "overthinker", cioè che rimuginasse troppo sulle scelte, esattamente ciò che ha fatto Spalletti. Il contraltare? Max Allegri, eroe del cazzeggio creativo. E allenatore vincente, nonostante tutto.
Questo tipo di percorso non è detto che avrebbe portato l'Italia più lontano dei 4 punti nel girone, ancor meno avrebbe garantito una figura meno "barbina" agli ottavi di finale. Ribadiamo: aggressione alta, occupazione degli spazi, qualità nel fraseggio ed equilibrio. Senza fenomeni. Ricorda qualcosa? Ancor prima di Thiago, è l'identikit di ogni squadra che ha fatto soffrire in maniera brutale la Juventus di Max, mai in grado di crescere sotto il profilo del palleggio e della gestione della palla. Coppa Italia a parte.