Noi italiani con il Belgio abbiamo un rapporto piuttosto stretto per via specialmente della storia legata alla nostra emigrazione negli anni in cui migliaia di nostri connazionali erano costretti ad abbandonare la loro terra di origine per andare a lavorare nelle miniere di carbone sparse soprattutto intorno a Liegi. Un’italiana, donna Paola moglie di re Baldovino, fu addirittura regina di quel Paese. Il cantante Adamo era figlio del nostro profondo Sud. ll cioccolato belga, insieme con quello piemontese, è tra i più apprezzati al mondo e la sua lavorazione venne esportata proprio da Torino. Insomma, per questi e altri motivi, il fil rouge che unisce Belgio e Italia dovrebbe essere davvero solido e ben difeso.
Allorchè venne abbattuto, anche per stemperare un poco i sensi di colpa delle autorità del Belgio giustamente accusate di sottovalutazione e di faciloneria organizzativa, e poi ricostruito con nuovo nome all’esterno di quella che era stata la “Curva Z” venne installata una targa “per non dimenticare” con incisi tutti i nomi delle povere vittime. Si poteva presumere che, sotto quella stele, vi fossero da allora e sempre fiori freschi forniti dal comune di Bruxelles. Macché.
Ieri, dopo quarantotto ore dalla “denuncia”, i cassonetti sono scomparsi da sotto la targa di quelle che furono anche la tragedia dello stesso Belgio oltreché la vergogna degli hooligans inglesi. Sicuramente uno spregio non voluto, ma che si poteva tranquillamente evitare da parte dell’amministrazione comunale belga con un pizzico di maggiore attenzione e con una dose maggiore di conoscenza della propria storia.
@matattachia