ANALOGIE - «Sono due giocatori che si integrano bene, proprio come capitava a me e a Enrico. Io più centravanti, come Vlahovic, e lui più seconda punta, il ruolo che oggi ricopre suo figlio Federico. Però vedo anche differenze. Enrico era più attaccante rispetto a suo figlio. Aveva il sano egoismo che deve possedere chi, di mestiere, sta nel cuore delle difese avversarie. Federico è più abituato ad agire sulla fascia. Secondo me ha tutte le qualità per diventare una seconda punta simile al padre, ma a patto che diventi ancora più prolifico».
COPPIA MIGLIORE - «Forse non il migliore, ma perlomeno il secondo. Al primo posto ci metto Lautaro e Marcus Thuram, un altro con il quale ho tirato qualche calcio a Parma, visto che pure suo padre Lilian è stato mio compagno di squadra. E poi, dopo il Toro e il francese, la seconda piazza se la dividono Vlahovic-Chiesa e Dybala-Lukaku. Con la differenza che la Juve, al momento, è più squadra della Roma e dunque gli attaccanti bianconeri sono avvantaggiati».
CHI GIOCHEREBBE - «Nessun dubbio: giocheremmo io e papà Enrico. Anche se è difficile fare paragoni tra calciatori di epoche diverse, noi attaccanti degli anni Novanta avevamo qualcosa di più a livello tecnico e, soprattutto, ci misuravamo contro difensori di grande spessore. Oggi le marcature sono più blande»