E’ possibile, persino doveroso, partire dal giorno in cui dalla Sicilia arrivò un giovane giocatore che non possedeva certamente un fisico bestiale, ma il quale dentro di sè custodiva doti e qualità professionali e morali di assoluta eccellenza. Si chiamava Giuseppe Furino, detto subito Beppe, è diventò strada facendo uno dei pilastri fondamentali su quali vennero costruite i successi della Juventus.
A seguire arrivò poi un tipo tutto nervi e animosità da vendere come Marco Tardelli. Anche lui sorretto da quelle qualità interiore che andavano ben oltre le sue naturali caratteristiche fisiche e morfologiche da atleta in grado di dare sempre e comunque quel qualcosa in più rispetto persino a ciò che gli veniva richiesto. E quando Tardelli, per un motivo qualsiasi non era in campo, la sua assenza pesava.
L’impressione, positiva, è che l’ingaggio del “marine” MacKennie vada interpretato proprio in questa chiave. Un giocatore che le dà e le prende senza mai lamentarsi e che si piazza davanti alla difesa con l’espressione scolpita sul volto della serie “io sono qui che vi aspetto, vediamo un poco se qualcuno riesce a passare”. Pronto a mordere, battagliare, mai disposto a perdere. Ciò che mancava alla Juventus.