Uno scudetto, per chi ama il calcio, è come un diamante. Uno scudetto è per sempre, anche quando la festa finisce e già si comincia a fantasticare sul prossimo. Uno scudetto è anche una bellissima e deliziosa torta con sopra le candeline da spegnere. Dopodichè la si condivide con tutti coloro che ne meritano una fetta. Tutti quello che oltre allo scudetto c’è molto di più.

Dedicato ai bambini dell’ospedale Sant’Anna di Torino e a quelli del Gaslini di Genova insieme alle loro famiglie. Dolci anime in piccoli corpi aggrediti da mali spesso fatali e con i volti talvolta da “vecchi” ai quali, con cadenza pressoché settimanali e a turno, i giocatori della Juventus regalano un sorriso e scampoli di autentica allegria. Visite “sottoesposte” e rigorosamente senza far troppo rumore. La richiesta fatta a ciascun campione è sempre la stessa: “Regalami lo scudetto”. La risposta è altrettanto netta: “Lo vinceremo anche per te”. Missione compiuta.

JUVE CAMPIONE D'ITALIA: l'ultimo di Gigi
Dedicato ai ragazzini che sopravvivono in quelle zone d’ombra del mondo dove guerre fratricide, epidemie di ogni tipo, carestie senza fine richiederebbero attenzione permanente su coloro i quali, per avidità dei Paesi ricchi, rappresentano di fatto i dannati della terra senza avere alcun tipo di responsabilità. Sono quelli che in Mali o nella Repubblica Centroafricana ricevono puntualmente aiuti di sostegno medico e alimentare dalla Juventus in partnership con le associazioni onlus che fanno capo all’Unesco, il portabandiera di questo movimento solidale è ancora oggi Trezeguet da quando vestiva bianconero.

Dedicato a quelli che vengono definiti bambini “difficili” perché caratteriali piuttosto che portatori di disabilità assortite. Per loro e per le loro famiglie opera quotidianamente l’osservatorio bianconero sotto l’etichetta “L’altro calcio” con lo scopo di abbattere ogni tipo di barriera sociale e di garantire la piena integrazione anche di razza o di religione. Chiellini e Marchisio sono i principali coordinati ori di questo lavoro che la società bianconera sta portando avanti da anni con ottimi risultati.

Dedicato agli angeli dell’Heysel per il cui rinnovato ricordo c’è da augurarsi che il prossimo 29 maggio la sindaca di Torino, Chiara Appendino, dia disposizioni affinchè la notte venga illuminata dalla Mole Antonelliana con luci bianche e nere. Per buona pace di quei pochi sciagurati i quali trovano ancora il tempo e i modi per infangare i nomi di coloro che persero la vita in una notte la quale doveva essere il simbolo dello sport e che invece fu la macabra rappresentazione della follia bestiale.

Dedicato a coloro che dormono dentro la cappella di Famiglia a Villar Perosa. In particolare a Gianni Agnelli, a suo fratello Umberto e ai “due cugini” Edoardo e Giovanni Alberto. Quelli per i quali la Juventus non fu mai soltanto una squadra di pallone e meno che meno lo strumento attraverso il quale esercitare una qualsivoglia forma di potere. Semmai un’amante alla quale nulla si poteva negare, neppure di molto dispendioso, perché lei stessa prodiga di doni stupendi. E certamente a loro andrà, in questi giorni, il pensiero di Giampiero Boniperti che della Famiglia fu il “cavaliere” più fedele. A lui al quale la dedica viene estesa.

Dedicato a tutti coloro che, ogni quindici giorni, salgono all’alba su pullman o treni per raggiungere la loro “Camelot” sportiva. Padri, madri e figli che in arrivo da ogni angolo d’Italia e anche dall’estero dedicano tempo e denaro per andare a sostenere con il loro mantra la Juventus che hanno scolpita nel cuore. Per molti si tratta di un sacrificio non indifferente sotto tutti i punti di vista. E non andranno a sedersi in tribuna. In campo ci saranno i campioni. Nelle curve i veri “eroi” delle domeniche in bianconero.

Dedicato a tutti coloro che operano da dietro le quinte senza mai comparire e senza esporsi a livello di immagine. Il grande e silenzioso esercito che viene mandato puntualmente in campo per garantire che l’intera macchina funzioni senza intoppi e possibilmente alla perfezione. Dai magazzinieri ai fisiatri, dai massaggiatori allo staff medico, dagli psicologi ai dietologi, dai responsabili della comunicazione a quelli del marketing, dagli steward alla vigilanza fino dagli autisti. Ciascuno al suo posto e tutti per uno, come i moschettieri del re.

Infine dedicato a Luciano Moggi. Sì, proprio lui l’ex “re Mida” del calcio caduto come Icaro per essersi avvicinato troppo al sole. Siamo seri, per una volta. Dopo la “liberatoria” giudiziale per Silvio Berlusconi sarebbe il minimo se a Moggi venisse concessa l’opportunità di rifarsi ufficialmente una nuova vita professionale. Rispetto alla “birbonate” ascritte e poi prescritte al Cavaliere, Lucianone nostro è stato e rimarrà sempre un principiante