Un uomo passionale e appassionato il quale non temeva di lasciarsi sedurre da tutto ciò che di bello e di buono è in grado di offrire la vita. Un gaudente in senso ampio e onesto che, in ogni caso, amava condividere con il resto dell’umanità i suoi piaceri. Uno fra i grandi amori dichiarati con entusiasmo da Pavarotti era il gioco del calcio che per lui si coniugava con la Juventus. E proprio la società bianconera e la squadra dovrebbero doverosamente rammentarlo in queste ore. Intanto per la fede mostrata dal tenore alla bandiera, poi perché la vigilia della sfida con il Barcellona idealmente replicherebbe la sceneggiata degli amabili sfottò tra lui e il suo amico e collega catalano Josè Carreras e infine perché la stessa Juventus (i suoi giocatori di un certo periodo storico) non si comportarono bene con lui. Un piccolo “tradimento” che intristì un poco Pavarotti senza per questi che il suo attaccamento per i colori bianconeri venisse scalfito.
Big Luciano aveva personalmente istruito la produzione per fare in modo che una delle file di sottopalco del Regio venisse riservata a dirigenti e giocatori della sua Juventus i quali, vivendo a Torino, non avrebbero dovuto faticare per venire ad ascoltare e ad applaudire chi spesso attraversava l’Oceano per fare altrettanto con loro allo Stadio delle Alpi. Pur trattandosi di una tra le opere più “semplici” e musicalmente moderne di ogni epoca i ragazzi di Lippi, l’allenatore di quel tempo, declinarono il prestigioso invito. Bizzarra ancorchè sincera fu, addirittura, la motivazione addotta dal “soldatino” Di Livio il quale disse che lui amava Renato Zero e che il melodramma lo faceva dormire. Soltanto il centravanti Padovano si presentò puntualmente in platea accompagnato da sua moglie. Per la verità anche Luca Vialli partecipò alla serata voluta dal suo amico Pavarotti arrivando da Londra perché ormai giocava nel Chelsea.