“Simili a degli eroi/abbiamo il cuore a strisce”. Così recita l'incipit dell'inno che risuona dai diffusori dello Stadium, cantato a squarciagola da migliaia di juventini con “il cuore a strisce” tale e quale alle magliette indossate.

Risalgo con la mente fino alle nebbie del tempo che avvolgono le primavere dei pionieri, tra corso Re Umberto e l'officina del padre dei fratelli Canfari, per incrociare un commerciante di filati inglese, tal John Savage, football-player della Torinese F.C., confluito nel nuovo club di ragazzi liceali. Chi meglio di un commerciante di tessuti avrebbe potuto trovare in patria un cambio di maglie per sostituire quelle rosa ormai ridotte a brandelli? Dell'equivoco che fece arrivare le divise del Notts County anziché le rosse fiammanti del Nottingham Forest, siamo tutti al corrente. Così, da quel “gioco” di maglie a falde bianconere, fino all'inno odierno, l'unica costante mai messa in discussione è la loro presenza. Per parafrasare uno slogan pubblicitario, dove c'è striscia, c'è Juventus.

Verso Juve-Cagliari: rivivi la vigilia
Fino ad ora. Perché i creativi stanno per imprimere lo scempio al tempo, alla maglia e soprattutto al cuore. Se sono vere (...e sottolineo se, cantava Mina) le indiscrezioni che trapelano, dalla stagione 2019/2020 chi seguirà la Juve, si dovrà chiedere se non stia seguendo il Grasshoppers o il Feyenoord o il Siena. O, se per uno scherzo onirico, si trovi in piazza del Campo a Siena, contradaiolo della Lupa.

Nell' irrequieto rincorrersi di soluzioni per la misura delle righe juventine, iniziato casualmente (non ci credo per nulla!) dal 2010 ad oggi, siamo giunti a 3 strisce nere larghe a dismisura, 2 di fronte ed 1 a retro, nel mare bianco. Ora si pensa di procedere ad un'operazione degna di Silvan: farle sparire. Fuori dai denti: una casacca metà bianca e metà nera, con le maniche invertite. Orrore, direbbe Tortora. Io che non sono così autorevole affermo: sacrilegio! L'emblema della Juventus viene cancellato come gesso sulla lavagna, in ossequio a futuri benefici commerciali che sono tutti da dimostrare. Magari fa più il nome del disegno, la butto lì. Con scritto Ronaldo la vendita è sicura, anche con la maglia di Magrin; la vedo molto dura superare le 3 unità vendute, se sulla prossima casacca compare il nome di... Grygera. Non è forse questo il concetto di “valore aggiunto”?

Pare che il motivo principe sia quello di attaccare il mercato americano, nel quale le righe mal si prestano ad essere portate nella quotidianità e che la divisa si confonda con quella degli arbitri di basket e di football (americano).

Ma che cosa sanno di Juve i contadini della Louisiana o i boscaioli dell'Idaho? Nel Nebraska hanno contezza, così come nel Tennessee? E per ipotetici compratori che vivono di “quarter backs” e di mazze e basi, in uno sport di una noia mortale, a Torino e dintorni si dovrebbe rinunciare alla storia ed alla tradizione? E' un film già visto, purtroppo. Un film che ha portato, i nostri giovani a consumare paninazzi inverecondi, nella freddezza di un fast food, invece di crogiolarsi al calore di casa con una bella porzione di lasagne sotto il naso. Ma così siamo moderni e McDonald ride a quattro ganasce.

La maglia di una squadra di calcio ha ragione di esistere in quanto divisa di una squadra di calcio. La Juventus, come qualsiasi altro football-team, non è un atelier di moda. Capisco che la maglia fifty-fifty, sopra un bel tailleur fumo di Londra stia a meraviglia. Peccato per lui che Savage, prima di abbandonare la Juventus per il Torino (e poi noi ce la prendiamo con Bonucci…), avesse di fronte 11 giovanotti in mutandoni neri e non le sinuose fattezze di una “mrs. Robinson” del Rhode Island. agente immobiliare che riceve i clienti facendo sfoggio di una originalissima “mise” metà bianca e metà nera, fatta arrivare da Porta Palazzo, attraverso un lontano parente italiano, che ne ha certificato l'autenticità spergiurando sul governo. Pazienza se confonde il logo rivoluzionario per la firma dello stilista, dettagli. Il Made in Italy è sancito dal tricolore sul petto! Caro Savage, tempi duri per chi ha nozioni di storia; oggi vanno per la maggiore i cambiamentisti, quelli che non avendo radici culturali, fanno del continuo cambiare un modo per non sentirsi persi e superati.

Dai, Paolo Belli, metti mano all'inno, tipo...”simili a degli eroi, abbiamo il cuore a...scacchi”. E ci passa lo sgomento. Forse.