Ieri a Udine il campione argentino ha lasciato intendere che il suo momento di impasse non è dovuto all’impiego tatticamente sbagliato dell’allenatore ma, semmai, ad uno stato di amnesia psicologica che, ci si augura, possa scomparire in fretta a vantaggio suo e della Juventus la quale ha assoluta necessità di ritrovare il suo Genio della Lampada per tenere testa al Napoli e anche all’Inter.
Comprensibile lo stato d’animo di un giocatore, peraltro dichiarato da tutti come indispensabile, che si vede privato della sua identità di campione. Non giustificabile e tantomeno accettabile, però. A differenza, per esempio, dello storico “vaffa” urlato da Tevez contro lo stesso Allegri dopo il suo avvicendamento Dybala non aveva alcun diritto di prendersela con il tecnico il quale aveva deciso di metterlo da parte non già per ragioni di opportunità tattica ma perché il suo giocatore più importante in quel momento era avulso dalla partita. Insomma Allegri, in questo caso, aveva tutte le ragioni e soprattutto il dovere di agire in quel modo.
Che Dybala stia vivendo un momento critico della stagione è ormai acclarato. Spetta a lui, semmai con l’aiuto di un supporto esterno, scoprire le ragioni di questo improvviso impasse il quale, quasi sicuramente, è dovuto a questioni di carattere intimo e personale. Fidanzamenti che vanno e vengono. Lo sponsor di riferimento, la Puma, che lo ricusa. La sostituzione del suo procuratore con il clan di famiglia che non sempre porta vantaggi perché il dato emozionale può causare confusione. Il continuo confronto con Messi in una nazionale che lo impiega con il contagocce. Il peso di una maglia, quella numero 10, da dover onorare anche con le gambe un po’ molli e con la testa tra le nuvole. Non è poco. Ma proprio per questo Dybala deve darsi una bella calmata.