Occorre partire dall’alto e cioè dal vertice. Il presidente Andrea Agnelli non è esente da colpe. La prima è quella di aver cocciutamente rifiutato, per ragioni di orgoglio personale, la possibilità di un ritorno di Antonio Conte dopo essersi sbarazzato troppo in fretta di Massimiliano Allegri su suggerimento, in particolare, di Nedved. Il tecnico, ora all’Inter, sarebbe stato il solo in grado di gestire una situazione di spogliatoio composto da giocatori troppo assuefatti al successo per poter ancora sentire gli stimoli della fame.
Così come dovrebbero fare i giocatori bianconeri, eccezion fatta per Cristiano Ronaldo il quale sempre più spesso si ritrova a predicare nel deserto insieme con compagni “distratti” e privi di quel “sacro furore” che invece dovrebbe rappresentare il denominatore di un gruppo vincente al di là della griffe bianconera e dei pedegree personali. Campioni, questo è innegabile, che si comportano però da primedonne un poco viziatelle per un eccesso di ego e che si offendono se l’allenatore li sostituisce a lavori in corso. L’assenza di autocritica, se non in forma banale e niente convinta, è chiara manifestazione di vanità. Un peccato capitale pericolosissimo.
Una parte di pazza, ora, chiede palesemente la sua testa. La Juventus, intesa come società, anche per tradizione non farà mai una cosa del genere. Ma il nodo andrà comunque sciolto e semmai dovesse continuare a questo modo non sarebbe poi così strano se fosse lo stesso Sarri a dire basta. Proprio come fece, a suo tempo, Corrado Orrico all’Inter. Due allenatori che, peraltro, possiedono numerose caratteristiche in comune. Una su tutte l’onesta intellettuale.