Al di là di ogni ragionevole dubbio e oltre la siepe di inquietanti sospetti, non è più possibile negare che intorno e dentro all’ “azienda Juventus spa” stiano accadendo fatti molto importanti e persino decisivi sui quali, al momento, è soltanto possibile formulare ipotesi. Nella “sala comandi” della società bianconera i responsabili di quella che è la struttura calcistica più potente del nostro Paese stanno verosimilmente operando per rendere la loro “creatura” ancora più efficiente e funzionale a quello che sarà il viaggio nel futuro, rispettosi del teorema che ha sempre visto la Juventus un passo davanti a tutte le altre concorrenti. In questa corsa al primato anche il minimo errore potrebbe compromettere l’intera missione. Ed è per questo che gli architetti del progetto si muovono con estrema cautela e segretezza. Eppure alcuni segnali di “attività” non possono sfuggire al “sismografi” pubblici. Analizziamoli.

  1. L’improvviso e clamoroso balzo in avanti della società sul mercato borsistico che potrebbe dar luogo a operazioni anche di carattere “interno”

  2. L’inquietante doppia inchiesta, sportiva e penale, a carico di Andrea e collaboratori assortiti sui presunti legami con personaggi della criminalità organizzata calabrese.

  3. Le voci di un grande fastidio degli Elkann e di Marchionne i quali, al di là delle dichiarazione formali, sarebbero preoccupati per l’immagine della stessa Juventus.

  4. L’ambizione, mai nascosta, di Andrea il cui obbiettivo professionale sarebbe quello di entrare a pieno titolo in Ferrari dopo il “praticantato” calcistico.

  5. L’atteggiamento ambiguo di Allegri sul suo futuro in attesa di una “chiamata” dall’estero che per ora non arriva.

  6. La posizione sostanzialmente “inaccettabile” per la società bianconera di dover aspettare i “comodi” di un allenatore.

  7. La necessità, incontrovertibile, di arrivare entro il mese di maggio a dare un senso di compiutezza e di solidità a quella che sarà la macchina del futuro.

Sette punti sui quali riflettere partendo dal presupposto che sono tutti collegati tra loro dalla legge dei vasi comunicanti. Non vi sarebbe nulla di strano se si scoprisse, come scrive il nostro esperto Attilio Rapaci nel suo puntuale servizio, che dietro l’assalto alle azioni bianconere vi fossero gli stessi azionisti juventini ovvero l’Exor. Una strategia piuttosto consueta per la Borsa quando l’intenzione è quella di indebolire uno dei “soci”. In questo caso John Elkann avrebbe in mano tutte le armi necessarie per chiedere le dimissioni di Andrea e di convincere Marchionne ad accogliere l’ex presidente in Ferrari. La Juventus, a quel punto, sarebbe stata “ripulita” qualunque potesse essere il finale decretato dai due soggetti giuridici preposti all’inchiesta sportiva e penale. E’ vero che per entrare a far parte della famiglia di Maranello, come stabilì il vecchio Drake, occorre essere in sintonia con un codice etico ben preciso. Ma è altrettanto vero che la presenza di Lapo Elkann nel consiglio di amministrazione della Ferrari induce a pensare che sia stato possibile fare qualche strappo alla regola. Ecco dunque risolti i primi quattro punti del teorema. Restano gli altri tre, con a capo le figure del possibile futuro presidente e del possibile futuro allenatore. E qui, clamorosamente, potrebbe tornare di grande attualità il nome di Marcello Lippi. Non come tecnico, questa volta, bensì nel ruolo “numero uno” come lo fu Boniperti per l’Avvocato o Dino Zoff per Cragnotti alla Lazio.

Lippi, attualmente, è il responsabile unico della nazionale cinese incaricato da quella Federazione di provare a portare la squadra ai Mondiali del prossimo anno dietro un compenso economico da far paura. Qualcosa come venticinque milioni netti. La bravura professionale del tecnico viareggino si sta scontrando con difficoltà oggettive di puro carattere sportivo. Il valore della Cina, attualmente, è ancora troppo basso. Tant’è, con la sconfitta di ieri subita in Iran, la nazionale di Lippi si trova al terzultimo posto del suo girone e, a detta di tutti, soltanto un miracolo le consentirebbe di raggiungere la qualificazione. A quel punto che ci starebbe a fare Lippi in Cina? Per il denaro, forse. Ma, conoscendolo bene, Marcello ha imparato a dare il giusto valore ai quattrini dei quali peraltro non ne ha più bisogno in overdose visto che a oggi ha guadagnato a sufficienza per garantire un futuro radioso persino ai nipoti del suo adorato nipotino.

Lippi è di Viareggio, certamente. Ma Lippi si sente anche torinese almeno nella misura in cui sa di essere juventino. Ha un delizioso appartamento che lo aspetta in un palazzo d’epoca affacciato sulla prestigiosa Piazza Carignano, nel cuore della città. Possiede una ristretta ma fedelissima cerchia di amici autentici e fedeli. Da casa alla sede della Juventus arriverebbe anche a piedi e bendato perché a guidarlo sarebbe l’antenna dell’empatia ovvero del cuore. Gode dell’amore popolare per tutto ciò che ha fatto e anche per quel che è riuscito a evitare non rimanendo incastrato da Calciopoli. Possiede quel carisma internazionale che la Juventus non può ignorare. Soprattutto può contare sulla fiducia incondizionata di John Elkann e di Marchionne, oltreché dell’amico Marotta. Per lui, quando lasciò Torino, il commiato bianconero fu un “arrivederci” e mai un “addio”. Un suo ritorno, in vesti presidenziali, provvederebbe a sciogliere definitivamente anche l’ultimo nodo esistente. Quello di Massimiliano Allegri al cui posto verrebbe chiamato Paulo Sousa. Tra Marcello e il tecnico portoghese, è vero, vi furono problemi ai tempi della Juve, ma non di natura sportiva. Gli anni trascorsi hanno cancellato tutto. I due si stimano e, soprattutto, sanno di possedere entrambi un cuore juventino.