Patrice Evra racconta tutto. Il suo mondo, il futuro il passato e la Juve in un'intervista alla Gazzetta dello Sport.

ALLEGRI - «Una sorpresa, una grande sorpresa: tatticamente un maestro. Faccio un esempio. Nel 2015, negli ottavi di Champions, battiamo il Borussia Dortmund 2-1 a Torino. Prima del ritorno Max ci fece vedere un video indicando i punti deboli dei tedeschi. Le aveva indovinate tutte: non ho mai giocato un match così facile. In campo successe esattamente ciò che lui ci aveva detto nella riunione pre-partita. Non a caso vincemmo 3-0 in scioltezza».

SARRI - «Stupito? La Juve è una società che rimarrà sempre, gli uomini vanno e vengono. Dunque non mi ha sorpreso la decisione e forse anche Max aveva bisogno di una pausa di riflessione. Anche perché si continua a dire che vincere la Serie A è una passeggiata, ma è falso».

A spasso per Torino con De Ligt: Annekee è favolosa FOTO
JUVE - «È una lunga storia. Intanto io non volevo lasciare il Manchester United, ma lo dovetti fare per motivi familiari. Mi accordai con Conte e poi arrivò Allegri con cui mi trovai comunque subito in sintonia. Però per i primi due, tre mesi ero depresso, sempre arrabbiato con tutti, non avevo metabolizzato il distacco dallo United, una squadra che è nel mio sangue. Rendevo al 30% del mio potenziale, in difesa giocavamo a tre e non a quattro e poi mi ero infortunato in allenamento, cosa che non mi era praticamente mai successa prima. Al mio rientro, in società s’iniziava a dire che Evra non era più quello di una volta. Lo affermò Paratici, con il quale ho un rapporto molto franco. Quella fu la molla che mi permise di conquistare la Juventus e i suoi tifosi: volevo dimostrare chi era il vero Patrice Evra. E così quell’anno arrivammo a un passo dalla Champions».

PERCHE' VIA - «La stagione seguente fu eccellente, anche se qualcuno mi rinfaccia ancora l’errore nei supplementari negli ottavi di finale contro il Bayern quando non spazzai e causai la rete tedesca del 3-2. Ma quello è il mio modo di intendere il calcio; io non sono come Chiellini, probabilmente il miglior giocatore della Juve con cui ho giocato, che talvolta spara anche la palla in tribuna. Nel 2016-17, giocavo col contagocce, quasi solo in Champions: io però volevo scendere in campo sempre e lo feci presente ad Allegri. Non ero felice. Prima di Natale, nella Supercoppa Italiana a Doha il tecnico mi comunicò che non ero titolare, toccava ad Alex Sandro. Per la prima volta in carriera non m’impegnai a fondo nel riscaldamento pre-match. Al 33’ il mio collega brasiliano s’infortunò e arrivò il mio turno, ma non ero pronto e invece di Evra giocò la sorella di Evra. Era arrivato il momento di cambiare aria, anche se la Juventus conserva sempre un posto speciale nel mio cuore».

LUKAKU - «Non saprei. Io direi sempre la Juventus! Però devo affermare una cosa: se a Torino c’è un avversario di cui hanno davvero paura questo non è il Napoli, ma l’Inter. E quest’anno con un allenatore eccellente come Conte, che ha fatto mirabilie in particolare alla guida della Nazionale, la lotta per lo scudetto sarà affascinante».