EMOZIONE - «Sì, in campo è stata la mia emozione più grande. Però assieme al gol del 3-2 al 95’ segnato con l’Empoli nel derby in casa del Pisa, nel 2019, dopo che avevamo subìto il 2-2 al 93’».
SASSUOLO SPECIALE - «Intanto una società non troppo pressante sui risultati e questo aiuta a lavorare bene, soprattutto i giovani. Poi, parlo per la mia esperienza di quest’anno, uno staff eccezionale, che ha messo a loro agio tutti noi nuovi arrivati, e un grande gruppo, molto sano, dove si lavora bene. Un posto perfetto per crescere, il resto dipende dal singolo».
MARCHISIO - «Era una delle prime volte che venivo convocato in prima squadra nella Roma, ci andavamo a riscaldare a turno a gruppi di tre e i giocatori bianconeri facevano lo stesso: quando arrivò il mio turno tra loro c’era Marchisio. Mia nonna Stefania da anni mi faceva i collage con le foto mie e sue dicendomi “Sei uguale!”, al che io le rispondevo che lo diceva perché mi vedeva con gli occhi dell’amore. Una volta lì, con l’idolo di una vita, forse più ancora di mia nonna che mio (ride, ndr), sono andato a chiedergli la maglia. E’ stata una grande emozione, io avevo giocato solo in Primavera, ma lui mi ha detto subito che a fine partita me l’avrebbe data, e al fischio finale pur avendo perso è venuto subito da me. Io presi la maglia e non sapevo cosa fare. Pensavo “La mia non la vorrà, che se ne fa?”, invece me la chiese. Siamo rimasti in contatto e lo sento tuttora, persone di quello spessore umano nel calcio si incontrano raramente. Il giocatore poi lo conosciamo tutti...».
JUVE - «Sicuramente fa piacere. Questo è certo. Con Claudio avevamo fatto una cena tra amici al suo ristorante, mangiando tra l’altro molto bene. Sicuramente fa piacere, ma ora non è il momento di pensare a certe cose. Penso solo a finire bene la stagione, poi quest’estate si vedrà».
PREMIER - «Mi piacerebbe, sicuramente per caratteristiche è un campionato in cui mi vedo. Però sicuramente è un passo da fare tra due o tre anni, dopo essermi affermato. Ma è un campionato che mi affascina molto, anche per il fatto di non avere troppi tatticismi, in cui fai per novanta minuti avanti e indietro e questa idea mi piace. Poi Gianluca (Scamacca, ndr), che è stato in Olanda, mi ha detto che all’estero hanno tutto un altro modo di approcciarsi al calcio. Sarebbe bello anche per conoscere una nuova cultura».