La lezione impartita dall'Atalanta alla Juve è ancora negli occhi di tutti. Così come la meravigliosa cavalcata che negli ultimi quattro anni ha portato i bergamaschi dal ruolo di rivelazione a quello di solida realtà del calcio italiano. Un gioco intraprendente, coraggioso, propositivo. Sfacciato. Ecco perché la lezione dell'Atalanta alla Juve è anche o soprattutto la lezione di Gian Piero Gasperini a Maurizio Sarri. Uno è partito dalla Juve per diventare il più grande di tutti alla guida delle piccole. L'altro è arrivato alla Juve come premio a una carriera fatto di una gavetta vera, faticosa. Ma nel club dove vincere è l'unica cosa che conta, Sarri è arrivato anche per far giocare bene una squadra che bene non gioca. Anche per questo il confronto con Gasperini riporta a galla una serie di sliding doors che riporta alla mente cosa potrebbe essere se alla Juve ci fosse stato lui. Uno che, come ha rivelato Luciano Moggi, era talmente convinto della sua idea di calcio da andare contro anche l'opinione della moglie quando lasciò la società bianconera: “Sei matto?”, gli chiese lei. Uno che in realtà è stato anche a un passo dal ritorno in bianconero, quasi un'altra vita fa però, quando al timone dell'area sportiva c'era Alessio Secco: troppe le incognite, forse più caratteriali che tecniche, il post triplette all'Inter in fondo diede ragione anche a una Juve che pure sbagliò tanto se non tutto tra Ciro Ferrara e Alberto Zaccheroni. E mentre lo scudetto potrebbe trasformarsi nella conferma di Sarri, sono in tanti a chiedersi perché non possa toccare a Gasperini la panchina della Juve.