L’ultimo confronto televisivo tra Allegri e Adani fa pensare inevitabilmente al ruolo di Dybala. All’ormai estenuante questione relativa al suo presunto ‘tuttocampismo’. L’argentino non è stato mai citato in realtà, né dall’uno né dall’altro, eppure in un certo senso era fortemente implicato nei discorsi. Come lo era del resto Mandzukic. Il tecnico bianconero infatti, citando le tre partite più emblematiche della stagione, ha voluto precisare che, secondo lui, “la migliore è stata col Manchester United”. Quella in casa, però, quella sfregiata all’ultimo dall’autorete di Alex Sandro e dal ghigno insopportabile di Mou. “Nessuno se la ricorda perché abbiamo perso”, ha aggiunto Max con un sorriso beffardo. Senza volerlo però, accecato dai suoi stessi paradossi, Allegri ha ammesso in quel preciso istante che la miglior Juve dell’anno è senza il suo pupillo Mandzukic, e con Dybala falso nove nel tridente. Una contraddizione? Una provocazione? O un’amara riflessione a posteriori, una specie di autocritica? Nel frattempo ritornano in mente le dichiarazioni di Pirlo (“Mandzukic non può essere titolarissimo in questa squadra”), leggiamo sul giornale la parola “tuttocampista” accostata al nome di Tardelli da Antonio Conte; l’ultima frecciatina dell’intervista rilasciata alla Gazzetta, in cauda venenum. Allegri dice che non si deve scimmiottare il gioco degli altri. Ma quel Mandzukic ‘alla Benzema’ non è stato forse il tentativo di ricreare un contesto d’attacco simile al Real di Zidane? Una soluzione già pronta e per questo ‘più comoda’ rispetto alle altre intraviste e soltanto abbozzate durante l’anno? 
 
Dybala testimonial della maglia 2019/20, ma può lasciare la Juve
LA PARTITA MODELLO: SENZA MANDZUKIC – Se prendiamo un frammento della prestazione del 7 novembre, a Torino, contro i Red Devils, ci accorgiamo subito di una cosa: il trio d’attacco Ronaldo-Dybala-Cuadrado non è per niente statico. Non può esserlo se vuole esistere. Gli interscambi con e senza palla sono continui, la manovra si sviluppa palla a terra. È un attacco fluido, in cui può capitare di vedere Cuadrado al centro e CR7 a destra, con Dybala sceso tra le linee a ricevere palla.  



MENO JOYA LONTANO DALLA PORTA? -Non è soltanto una questione di posizione, il problema di Dybala. Ovvero se si trovi meglio dietro la punta, da punta o dietro le punte. Venti metri più avanti o più indietro. Non è soltanto “che prima ce n’era una (ndr il Pipita), adesso ce ne sono due (ndr CR7 e Mandzukic)”, come ha tentato di semplificare una volta Allegri. Cambia il contesto di gioco, lo stile collettivo, se due forti colpitori di testa come il portoghese e il croato occupano l’area. Sarà una Juve molto più incline al cross e alla palla lunga. Mettetevi nei panni di un terzino che avanza lungo la fascia: che fare quando si arriva sul fondo? C’è Ronaldo che aspetta, Mandzukic che incombe sul secondo palo, l’opzione palla dietro per il rimorchio di Dybala, va da sé, diventa molto meno spontanea e ricercata dell’anno scorso. 

DYBALA FALSO NOVE – Eppure, contro l’Ajax, andatevi a rivedere le due partite, la Juve con Dybala in campo è stata ben più protagonista e in dominio rispetto a quando c’era Mandzukic. Arrivo a dire che, nella gara di ritorno, non sia stato tanto il gol di van de Beek a pesare, quanto l’uscita di scena per infortunio del 10 bianconero. Fino al 45’ infatti la Juventus aveva imposto il proprio gioco ai lancieri, che stavano faticando a rispondere colpo su colpo. Riporto sotto una splendida combinazione al limite dell’area tra Pjanic, Dybala e Ronaldo, una combinazione che ricorda lo stile adottato anche contro il Manchester. Palla a terra, velo, sponda, tiro, dopo il taglio in diagonale destra-sinistra di Bernardeschi. 



Dybala sa giocare spalle alla porta e sa attaccare la profondità non solo a campo aperto, ma soprattutto nell’ultimo terzo, nei pressi dell’area, a difesa schierata. È qui che sfrutta al meglio i buchi che compaiono e scompaiono tra un avversario e l’altro. Come nel caso del rigore conquistato contro il Milan o, se volete che vi citi un gol in particolare, come nel capolavoro contro il Cagliari.
 


DYBALA TUTTOCAMPISTA – Da tuttocampista invece la sua funzione principale è quella di creare associazioni fra i reparti. Deve in sostanza facilitare la trasmissione del pallone e legare l’attacco al resto della squadra. Non a caso, in campionato, è il secondo giocatore nella speciale classifica juventina dei key passes per game (1,8), dietro soltanto a Miralem Pjanic (2,4). Un dato per comprendere concretamente a chi sia in mano la regia bassa e quella più avanzata della squadra. Sotto, vi sottopongo un’immagine tratta da Juventus-Valencia: si vede la consegna del pallone da Bonucci a Dybala nello spazio tra le due linee a quattro degli spagnoli. L’argentino chiederà l’uno due a Mandzukic per poi aprire il gioco su CR7 largo a sinistra. L’equivalente ‘palleggiato’ di un cambio di gioco di cinquanta metri. 



E come riceve palla spesso e volentieri da un difensore (Bonucci, il regista della prima linea), può riceverla naturalmente da un centrocampista, magari dando il là a una ripartenza. Sento parlare di stagione deludente di Dybala (ricordo che 5 gol in Champions non li aveva mai fatti), ma andiamo a vedere in quante partite ha messo lo zampino nelle azioni da gol. Facciamo un’analisi più profonda rispetto alle statistiche facili dei gol e degli assist. Ecco ad esempio il 2-1 contro il Napoli da dove parte. 



Non è semplice lasciare lì sul posto Allan con un dribbling. Se lo avesse fatto Douglas Costa ne avremmo parlato per un anno. 



AD AMSTERDAM, SENZA DYBALA –  Ma la Juve con Dybala, Mandzukic e Ronaldo (4-3-1-2/4-3-3) si è inceppata al Wanda Metropolitano, per questo nel ritorno con l’Atletico Allegri, che non poteva contare su Douglas Costa come l’anno prima contro il Real, ha optato per Bernardeschi, un giocatore più ‘fisicato’ e resistente di Dybala, più ala insomma. Un 4-3-3 più muscolare, riproposto poi, dopo il grande exploit di Torino, anche ad Amsterdam. Ma in Olanda non ha funzionato. Alla Cruijff Arena Ronaldo si è costruito un gol praticamente da solo, nel deserto del primo tempo. Ha fatto il regista e il finalizzatore nella stessa azione, aiutato dall’unica giocata seria di Cancelo. Il resto del primo tempo l’ha passato a chiedere ai suoi compagni di giocare palla a terra, dato che questi continuavano a cercare la testa di Mandzukic o a sperare nel lancio in profondità. Ecco un esempio di come si manifestava la mancanza di Dybala: Bonucci avanza palla al piede e a gesti chiede ai compagni di smarcarsi. Centrocampisti e terzino, tutti marcati.    
 


Mandzukic allora che fa? Anziché andare incontro a tessere gioco tre le linee, detta il lancio lungo provando a scattare oltre alla difesa di ten Hag. Una soluzione impraticabile considerando la prestanza di De Ligt. 



CON DYBALA – Così nella ripresa Allegri ha inserito intorno al quarto d’ora Douglas Costa al posto del croato in difficoltà. Un attacco iperveloce (Bernardeschi-CR7-DC), da far gol in ripartenza. Un’ottima idea. Poi l’acciacco di Matuidi al trentesimo lo ha spinto a mettere anche Dybala. E a quel punto si è rivisto un 4-2-3-1 piuttosto sbilanciato ma dominante, tipo quello della prima di campionato contro il Chievo, il giorno dell’esordio di Ronaldo in Serie A. Un progetto abbozzato e lasciato un po’ troppo in disparte, forse anche per via degli infortuni. Al posto di Cuadrado, ad Amsterdam, c’era Bernardeschi, ma cambia poco. Anche in questo caso, come nel 4-3-3 contro il Manchester United (con l’argentino falso nove), l’attacco della Juve divenne immediatamente più fluido e imprevedibile, il palleggio migliore. L’Ajax fu costretto ad arretrare. Insomma, siamo così sicuri che Ronaldo abbia tutto questo bisogno di Mandzukic?