E' finito il sogno scudetto, è iniziata la rincorsa per la Champions League. Per la prima volta dopo nove anni, la Juve deve cambiare i connotati alla sua stagione e lo fa proprio come un vecchio boxeur: dopo un mancino stampato dritto in faccia, dopo il fianco - o meglio: il passaggio - offerto da Arthur in un momento di stanca del match. E stanca è apparsa pure questa squadra, ma non dal punto di vista fisico, semmai mentale: dopo l'ennesima beffa autogenerata, il gruppo ha giocato sui nervi e si è votata all'attacco. Dopo il gol di Gaich è stata una rincorsa forsennata nonostante i chilometri di svantaggio, direttamente sul Benevento e indirettamente sull'Inter. E' proprio vero che il reale valore delle cose lo capisci solo quando le perdi: e negli occhi degli juventini c'era la disperazione di chi sta per scrivere la storia al contrario. 

Juve-Benevento 0-1, PAGELLE: fallimento tecnico e mentale. Arthur condanna, ma quanti rimorsi
LE COLPE DI PIRLO - L'errore di Arthur sarà l'immagine simbolo, le proteste sul fallo da rigore su Chiesa saranno certamente lo sfogo di un momento. Tutto il resto però urla a gran voce la disfatta bianconera, con Andrea Pirlo naturale e diretto responsabile. E' stato lui a raccogliere il pesante timone, lui a distribuire la nuova idea di calcio che non riesce a superare l'ultima barriera del Benevento. Per carità: tutta bella e stoica la prestazione dei campani, ma la stessa Juve ha capito come colpirla nel momento stesso in cui i giri si sono inevitabilmente alzati. Cos'è mancato, allora? La pazienza con cui si gestiscono le avversità, le scelte sulla trequarti che fanno grande una squadra, la sicurezza con cui - in mancanza di idee - una grande squadra riesce a sporcare una partita e a farla sua. Queste, sono le colpe di Pirlo. Che voleva ritrovare il dna e invece tra le mani ha un gruppo non più istruito alla vittoria. Che va avanti per l'inerzia della qualità di certi giocatori. 

DA ADESSO IN POI - Difficile che arrivino processi, impossibile pensare a un cambio di guida o a qualsivoglia svolta. La Juve andrà avanti così fino alla fine, modificando però gli obiettivi, cambiando drasticamente quel pensiero arrogante da vittoria e iniziando a lavorare sul serio per il target minimo: arrivare in Champions. Che non è scontato, specialmente in una squadra che mentalmente deve scontare lo scotto della grandissima delusione e dell'ancor più grande fallimento. Tecnico e mentale. Contro una squadra che non vinceva da mesi e che con i bianconeri porta a casa uno score di 4 punti su 6 disponibili. E' tutta lì, la disfatta. Nelle piccole cose contro le piccole squadre. Tutto il resto sarà cibo per analisi, ma la verità più dolorosa è che la Juve non è più all'altezza del suo nome.