L'ultimo capitolo della battaglia Agnelli-Elkann. Damascelli ha definito così quanto successo con Allegri, ufficialmente esonerato dalla Juventus nella giornata di venerdì. 

Il Giornale - Allegri, l'addio alla Juventus l'ultimo capitolo della lotta Agnelli-Elkann


Sulle colonne de Il Giornale scrive: "Lo Spare di Torino è simile al principe di Londra. Entrambi vivono all’ombra del re e si rifugiano in esilio privilegiato. Andrea Agnelli è la riserva di John Elkann, da cugino presidente è diventato un congiunto senza titoli, le storie acide della Juventus gli hanno concesso onori, gloria e tribune d’onore ma infine tribunali e vergogna contabile. Il football manda gambe all’aria la dinastia che ha fatto la storia di Torino e dell’Italia.

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John Elkann gli regala il giocattolo (la Juventus) e lui lo confeziona con il fiocco di nove scudetti, due finali di Champions, premi minori ma il dono comporta costi esagerati. I membri della dinastia faticano a garantire aumenti di capitale, si sfiora il miliardo. Interviene la procura, la situazione precipita, John Elkann pubblicamente tutela il parente ma ha ormai capito che sia indifendibile. Le dimissioni arrivano «sua sponte coacta», Andrea esce non soltanto dalla Juventus ma tutti gli altri incarichi del gruppo".

E su Allegri spiega: “Elkann aspetta che gli eventi precipitino a Roma e liquida il dipendente assunto dal cugino a 7 milioni di euro netti all’anno per stagioni quattro più premi eventuali (Allegri, ndr). In contemporanea lo Spare scrive un tweet che è un ossimoro (i saluti ad Allegri, ndr) definisce il licenziato dotato di “superbia e umanità che si fondono continuamente. Hai rappresentato essere Juventus con ogni tuta cellula» (scrive proprio così, ndr). Alla faccia del precedente comunicato del cugino titolare dell’azienda che aveva spiegato l’esonero del dipendente «per comportamenti non compatibili con i valori della Juventus e con il comportamento che deve avere chi la rappresenta». Piccoli screzi tra parenti serpenti, disperazione infantile dell’ex presidente in esilio, pugno fermo del padrone dell’impresa. La commedia non è finita“.