E’ la storia di Riccardo Turicchia, esterno sinistro classe 2003 in forza alla Juventus 2003 e a raccontarcela – lo ringraziamo per la disponibilità -, è stato il padre Davide.
Siete una famiglia appassionata al calcio? Come comincia Riccardo a giocare?
“Riccardo è juventino, io gli facevo vedere i filmati di Zidane. Tra il fatto che la Juve vinceva sempre e le giocate di Zidane, si è appassionato. Un primo contatto c’è stato al primo anno di Nazionale, in Under 15, ma lo seguivano da prima. Incontrai un emissario della Juve, si presentò e mi disse che stavano seguendo mio figlio e che volevano portarlo a Torino. In quel momento, però, i rapporti con il Cesena non erano ottimali e non se ne fece niente. Riccardo aveva intuito qualcosa e ci rimase un po’ male, aveva paura che tutto saltasse, un anno è lungo e tutto può cambiare. Ad un raduno della Nazionale lo stesso dirigente Juve mi rivelò che stavano continuando a seguirlo e che gli stavano tenendo il posto e a giugno non ci sarebbero stati problemi. In estate mi chiamarono per dirmi che la Juve si era fatta avanti per chiudere l’acquisto, Riccardo era di fronte a me e sentiva tutto. Quando misi giù si era accorto di tutto, fece un urlo incredibile e si mise a piangere. Pensavo non se la sentisse, gli ho chiesto: ma ci vuoi andare? Certo, stava piangendo di gioia. Prima volta nella vita che ho visto una cosa così”.
“Andammo a vedere il convitto con la scuola dentro, stile college americano. Rispetto ad altri convitti di altre società blasonate era un bel posto. A luglio lo portammo su, ci dissero di non lasciarlo e basta, di arrivare prima, stare una notte insieme e poi salutarsi. Quando ci salutammo non si girò indietro, non ha detto niente ma sicuramente aveva un po’ di malinconia come noi. Mi raccontò solo che alla sera nel letto un po’ di nostalgia c’era, ma poi entrato in campo tutto era a posto. Poi in un gruppo, i 2003, ce era davvero forte”.
Ci sono due highlights della sua esperienza in Primavera: il gol al Benfica in semifinale di Youth League e il premio come meglio terzino sinistro del campionato. Cosa avete provato e come è andata l’esperienza nell’Under 19?
“E’ stato importantissimo. Riccardo fin da ragazzino è una persona generosa, se c’è da sacrificarsi non si tira indietro. L’impatto con Bonatti si è fatto sentire, Riccardo è una persona riservata, che sta sulle sue, e Bonatti è l’opposto. Mi raccontava che contro l’Empoli ha preso una cazziata nello spogliatoio, davanti a tutti ed era rimasto un po’ così. Alla fine, però, si è preso in maniera incredibile, forse più degli altri. L’impatto che ha avuto al secondo anno è merito di Bonatti, ormai si conoscevano e sapeva cosa voleva da lui. Come Bonatti è stato importante anche l’allenatore che aveva il Cesena, Abbondanza, che caratterialmente era simile”.
“Miretti lo vidi giocare in un raduno della Nazionale. Un biondino che in mezzo al campo dribblava tutti, da lui me lo sarei aspettato. Ai colleghi che fanno il fantacalcio avevo consigliato di prenderlo. Iling è molto forte fisicamente e ha un sinistro incredibile, si è fatto vedere più quest’anno che nel secondo con la Primavera. Soulé è forte, ma non mi sarei aspettato andasse dritto in prima squadra, ma ci può stare. La Juve come settore giovanile ha un bel tesoretto da qui in avanti”.
Quali sono state le difficoltà nel salto dalla Primavera alla Next Gen, al calcio professionistico?
“Il salto più grosso è stato, per Riccardo ma penso anche per altri ragazzi, dall’Under 17 alla Primavera. E’ tosta, giochi con i più grandi, cambia l’intensità, lo scontro fisico. Dopo due anni di Primavera fatti così, in Riccardo ho visto un impatto diverso al passaggio in Next Gen, mi è sembrato molto più dentro. Il passaggio è meno traumatico. Le squadre di Serie A dovrebbero avere una seconda squadra”.
“Una cosa importante. Riccardo arriva da un paesino di 3000 persone, arrivare a Torino, in una società come la Juve, dove rimangono quelli su cui si punta, fare il quinto anno lì e arrivare al rinnovo fino al 2025, è stata una cosa incredibile. Siamo orgogliosi di Riccardo perché ha fatto tutto da solo, in mezzo a tutti questi 2003, a questi ragazzi forti come lui, ritagliarsi un suo spazio che l’ha portato ad essere ancora lì. E’ stato contentissimo, noi pure perché dopo tanti anni di sacrifici…”.
In questa stagione, ma anche in precedenza, ha avuto diverse occasioni per allenarsi con la Prima squadra. Che tipo di esperienza è stata? C’è qualche aneddoto da raccontare?