CHE IMPRESSIONE - «Qualunque momento vissuto con lui, lo associo sempre alla gioia. La gioia di fare bene una cosa. La gioia della curiosità: Luca voleva sapere tutto di un film, la tecnica, la produzione, la scrittura. La gioia dello stare insieme in quelle cene con i compagni della Samp. La gioia di Vialli e Mancini. La gioia negli occhi di Luca quando ci presentavamo noi del circo, con la nostra baraonda».
LE RIPRESE - «Mai stanco, mai distratto. Mai rapito da altri pensieri, e dire che ne aveva, e quanti. Invece, nella post produzione peggiorò, stava molto male. Però il film lo presentammo ugualmente insieme, a Torino e a Genova, un mese prima che Vialli morisse».
QUELLA SERA - «Ma senza l’addio. Luca fu bravissimo ad evitarlo, aveva simili delicatezze. Ha costruito un addio senza dirci addio. Però Roberto si accorse che Luca se ne stava andando dal ristorante e fece in tempo a uscire per salutarlo».
VIALLI SULL'ABBRACCIO DI WEMBLEY - «Che quello era amore: usò proprio questa parola. Dovremmo avere più coraggio nel farlo, quando è così, soprattutto noi maschi. Quell’abbraccione rappresenta il valore dello stare insieme, è un volersi bene tenendosi stretti, senza vergognarsi dei sentimenti o delle lacrime».
CHI ERA VIALLI - «Una persona molto sensibile e arguta, con il dono di tenere insieme gli altri. Un maestro nel costruire relazioni forti. Io non avevo mai conosciuto i giocatori di quella Sampdoria, e grazie a Luca siamo diventati amici veri, ci sentiamo spesso, a volte andiamo pure alla partita insieme».