CHI SE NE OCCUPAVA - "Da ogni fatto vissuto bisogna trarre anche positività. Se questo progetto è fallito vuol dire che durante il percorso è stato fatto qualche errore. Il management dell'Inter non è entrato direttamente nella condotta della Superlega, che è stata fatta dalle proprietà dei club. Direi anche con riservatezza, anche se le informazioni ci arrivavano e anche se si è consumato tutto negli ultimi giorni. La buona fede di questa azione è nata dal fatto che i proprietari sono alla ricerca, proprio perché ritengono di fare il bene ai propri club, di una soluzione alla situazione attuale del calcio. Che, ripeto, è a rischio default. Se non intervengono le istituzioni dello sport per creare un modello che dia continuità e stabilità, non si riesce ad andare avanti".
L'ATTACCO DI CAIRO - “I fondi non c’entrano niente perché in questo progetto sono intervenute tre leghe e le altre leghe non hanno a che fare con i fondi. Poi il Milan era favorevole ai fondi e partecipava alla Superlega. Il dissenso ai fondi nasce da altro. Per quanto riguarda la mia carica personale, non concepisco l’attacco violento di Cairo, fatto pubblicamente davanti a tutti, con le conseguenze di aver ricevuto minacce pubbliche e private. Poteva non offendermi, poteva non darmi del Giuda e del traditore perché io sono innamorato di questo sport. Essere consigliere federale è un’attività di semplice servizio, non remunerata, che faccio per amore di questo sport, a tutela delle società. Se mi dimetterò? Avremo una riunione la prossima settimana e rimetterò il mandato, se la maggioranza non vorrà che io prosegua, mi farò da parte”.