Molto spesso, troppo spesso, questa Juventus dà la sensazione di essere una lussuosa macchina da corsa utilizzata, però, al massimo per andare a fare la spesa nel più vicino supermercato. Cavalli nel cofano che girano a regimi troppo bassi per quelle che sarebbero le potenzialità e le aspettative di chi la guarda viaggiare mogia tra le strade di città.
 
Una macchina che, per carità, arriva a destinazione, al’insegna del più classico dei motti utilizzati in questi casi: “Chi va piano va sano e va lontano”, ma per quanto può bastare? Quando arriva il cambio di marcia? Perché così il rischio è che il motore si ingolfi e questo, nella Juventus di oggi, si traduce nella frustrazione di chi gioca davanti.
 
Juve, da cosa dipende il rinnovo di Rabiot e Di Maria
La Juventus di Allegri centra l’obiettivo semifinale di Europa League, ed è un colpaccio. Perché arriva in una serata complicata dove un clima incandescente si intreccia ad una giornata di passione vissuta con gli occhi e gli orecchi di tutti puntati in direzione Roma, in attesa della sentenza del Collegio di Garanzia. È un colpaccio, poi, perché lo Sporting non sarà certo uno squadrone, ma nemmeno è compagine incapace di mettere in difficoltà le avversarie. In più, un bel messaggio alla giustizia sportiva: è mancato il coraggio di annullare tout court la decisione della Corte d’Appello Federale, afflittività sembra ancora essere la parola d’ordine con una classifica che rimane sub iudice, vincere l’Europa League, dunque, sarebbe un bello smacco per chi non vede l’ora di osservare una Juve fuori dalla Champions League.
 
Per tornare al campo, però, ancora una volta la squadra di Allegri è spaccata in due. È tosta, magari non pulitissima, nel chiudere le linee avversarie e blindare l’area di rigore davanti Szczesny; al netto di alcuni errori individuali, uno su tutti quello di Alex Sandro nell’azione del rigore che porta all’1 a 1. Davanti, però, i bianconeri sono inconcludenti, incapaci di andare oltre la scintilla ed essere, invece, un fuoco che arde con costanza. Ed è un paradosso perché in Europa sono in pochi a poter vantare un tridente del calibro di Vlahovic, Di Maria e Chiesa. Se Bremer, o Gatti, o Szczesny, o Perin sono quelli ad uscire costantemente tra i migliori in campo, c’è qualcosa che non va. 

Per questo la Juve sembra una squadra spaccata in due, tra fase difensiva e quella offensiva. Ma non nell'animo e questo lo ha dimostrato ancora stasera. Tutti uniti, come ormai da slogan del club, tanto quanto il "Fino alla fine".
 
La Juve rimane altalenante nei risultati, ma la solidità, tutto sommato, o almeno una parvenza, è stata trovata. Sarebbe ora di fare un passetto avanti che ancora non si vede. Tra un +15 in classifica e una semifinale di Europa League, questa sera i motivi per sorridere non mancano, con la consapevolezza, però, che la strada è ancora lunga.