Insomma, per quanto riguarda i movimenti interni s'è scelta la conservazione e la continuità. Continuità con cosa? Secondo Scanavino, un direttore generale on la testa sulle spalle, con “l'ottimo lavoro fatto quest'anno”. Certo dipende dal contesto e dal bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, ma non crediamo che il 2022-2023 passerà alla storia come uno dei migliori anni juventini, nemmeno decenti.
Avrà pure tenuto la barra dritta Allegri, però, di nuovo, non pensiamo che le vicende societarie rientrino più di tanto nelle prestazioni sportive. Anzi c'era chi, a un certo punto (quando la squadra inanellava qualche buon risultato di seguito) sosteneva che l'assedio compattava la Juve. E invece non è stato così. Intanto la Juve ha cominciato, ancora lontana da Chiné e soci, a naufragare fin dall' inizio. Un mercato sbagliato, alcuni prestiti cervellotici (Rovella, Cambiaso...), una preparazione scarsa, l'hanno da subito messa in crisi. La “vergogna” di Haifa la crisi l'ha certificata. Si potrebbe continuare così, tra un basso continuo (i 5 goal rimediati dal Napoli, una Conference balbuziente, le sconcertanti sberle prese col Monza ecc.) e qualche acuto estemporaneo, sempre all' insegna dell'equazione poco gioco uguale a poco risultato.
E se Allegri è un costoso minestrone ormai riscaldatissimo, se il cordone va - comprensibilmente - stretto dopo milioni pompati in aumenti di capitale, capiamo la necessità di vedere il bicchiere mezzo pieno e usare una delle tante parole magiche del presente: transizione.
Confidiamo, dunque, che questo sia davvero un anno di transizione, con le necessarie calmierature delle aspettative, con meno sbornie da parametri zero e stipendi eccessivi, col coraggio di provare a far giocare la squadra senza i troppi calcoli e saper trarre dalle sconfitte le lezioni necessarie. L'essenziale sarebbe cominciare a smetterla di spacciare la mediocrità come eccellenza.