Nei tre cambi di guida tecnica alla Juventus, c’è una costante. Sarri, Pirlo e Allegri hanno sempre avuto parole di stima per Adrien Rabiot. Se torniamo indietro nel tempo, parole di elogio arrivarono anche da Ancelotti e Buffon, che lo conobbero ai tempi del Paris Saint-Germain. Il quesito, a questo punto, è se il centrocampista francese non rischi di cadere nel limbo dell’eterno incompiuto. Tanta fisicità, ma spesso perde il contrasto nell’uno contro uno. Gran gamba per allungare – caratteristica che gli è valsa il soprannome di “Cavallo Pazzo” -, ma troppo spesso viene rimontato dai difensori avversari. Buone qualità tecniche, ma è banale e prevedibile in fase di costruzione, quando non impreciso. A tuto questo, si aggiungono importanti lacune dal punto di vista mentale: vedere la sufficienza con la quale si posiziona in area in occasione del pari del Milan, ieri sera. Il “gran motore” che possiede, come detto da Allegri, sembra essersi ingolfato e, in queste condizioni, rischia di essere controproducente per la squadra bianconera. Anche perché, lì sulla sinistra, c’è un Chiesa che scalpita ed è pronto a dimostrare di essere pienamente consapevole di essere un giocatore da Juventus.
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