Andrea Agnelli dovrebbe finalmente presentarsi davanti alla Commissione Antimafia per chiarire, una volta per tutte, qual è stata (se davvero è accaduto) la sua posizione rispetto ai presunti contatti con alcuni esponenti della ‘ndrangheta calabrese per la questione del traffico di biglietti. La voce del presidente servirà, in ogni caso, per scacciare quelle, velenose, che dicono di un suo coinvolgimento diretto e che annunciano come conseguenza fatale il “golpe” degli Elkann.
Infine ci si avvicina alla domenica di campionato che vedrà la Juventus impegnata al “Ferraris” di Genova contro la Sampdoria. Una sfida che, due volte all’anno, mi provoca sottili tempeste emotive. Ciascuno di noi, oltre alla squadra del cuore, possiede un punto di riferimento calcistico di “riserva” almeno per simpatia. Il mio è, da sempre, rappresentato dalla Samp. Francamente non so come nasce questo legame. Forse dal colore delle maglie o da quel Capitan Trinchetto che nella fantasia di bambino somigliava tantissimo a Braccio di Ferro. Poi da ricordi sfumati in bianco e nero per giocatori come Bobo Vieri e Bruno Mora, indimenticabili anche nella Juve. E, andando avanti, le figure di Lippi, Vierchowood, Lombardo, Francesco Morini per finire con due vecchi e cari amici come Roberto Mancini e Luca Vialli. Su tutti il presidente Paolo Mantovani e le cene da “Ilio” che non c’è più. Si chiamano affettuose lontananze surrogate dalla presenza, oggi, del bravo “comunicatore” blucerchiato Paolo Viganò.
Una storia che potrebbe tornare di attualità a fine stagione con protagonista un altro Chiesa ovvero Federico, il figlio di Enrico. Un giovanissimo “lord inglese” alla cui bravura professionale corrisponde una statura morale e comportamentale altrettanto solida appresa su “banchi di scuola” di una famiglia, la sua, dove padre e madre gli hanno trasmesso i fondamentali di un’esistenza ricca di valori anche etici indispensabili per sopravvivere con dignità in questa gabbia di matti che è il mondo del pallone. Un giovane uomo “molto doriano” e perfetto per lo “stile Juve”. Questo è Federico Chiesa, oltre i gol che sa fare proprio come il padre anche se del genitore non possiede la violenza del tiro. Certamente non sarebbe facile strapparlo ai Della Valle. Ma provarci o almeno pensare di poterci riuscire non è vietato. La chiave giusta per dare al figlio l’opportunità negata al padre potrebbe essere proprio rappresentata da Paulo Sousa e dal suo arrivo sulla panchina bianconera. E’ stato lui, il tecnico portoghese, a lanciare nella mischia il giovane campione. E’ un suo “figlioccio” ormai. Vederli arrivare a Torino insieme sarebbe fantastico.