Il derby d’Italia - immarcescibile definizione breriana - l’ha così vinto la Juve, ma mi consola constatare che solo i tifosi trinariciuti sono convinti di averlo meritato. Il pari sarebbe stato di gran lunga più giusto perché l’Inter, almeno nella partita secca, non è inferiore alla Juve, né al Napoli, né a molte squadre europee.
Il primo tempo dello Stadium l’ha dimostrato, i minuti che si collocano tra il 29’ (palo di Gagliardini su assist di Icardi dopo uno spunto sapiente di Politano) e il 32’ (salvataggio di Chiellini su cross basso di Perisic) avrebbero dovuto certificarlo. Tra i due episodi (30’) anche un’altra occasione, sempre con cross basso, da destra, di Politano: Icardi ha tolto tempo e spazio a Perisic che, piazzato meglio, avrebbe potuto colpire.
Mentre Allegri, recuperato Bentancur (bravo anche questa volta, ma squalificato alla prossima), ha potuto schierare la Juve quasi titolare (fatta eccezione per l’infortunato Alex Sandro), Spalletti ha sorpreso con il sistema di gioco (ormai è quasi stabilmente un 4-3-3 con Joao Mario mezzala) e con gli inserimenti di Vrsaljko per D’Ambrosio, Miranda per De Vrij e Gagliardini per Vecino. Ribadito che avrei preferito il 3-5-2 con Icardi e Lautaro (o Keità) davanti e i tre centrali molto fisici dietro, non si può dire che la disposizione tattica fosse peregrina. Intanto perché, quando l’Inter non è in possesso di palla, si dispone con quattro difensori e cinque centrocampisti, visto che Perisic e Politano tornano sotto la linea della palla. In secondo luogo, perché per l’intero primo tempo, i nerazzurri hanno intercettato moltissimi palloni giocati (male) dai bianconeri. Il resto l’ha fatto il pressing alto degli uomini di Spalletti.
La Juve, pur cambiando atteggiamento nella ripresa (maggior possesso iniziale e pressione a tutto campo), ha concesso ancora un’altra clamorosa occasione (47’) agli avversari per passare. L’errore l’ha commesso Matuidi che si è fatto scippare il pallone da Politano dentro l’area. L’esterno, anziché concludere subito, ha scambiato con Icardi e poi ha tirato addosso a Bonucci. A far di conto delle situazioni-gol, l’Inter sarebbe stata nettamente in vantaggio se prima Matuidi, questa volta nell’area avversaria, e poi Miranda, nella propria, non avessero seminato il panico tra i difensori nerazzurri.
Mandzukic ha segnato al 66’, cioé praticamente a metà ripresa, un momento pessimo per subire gol. L’azione della Juve è stata didascalica con lancio di Matuidi (cresciuto alla distanza) a cercare Cancelo, il terzino ha guadagnato il fondo e messo un cross teso sul quale Asamoah ha mancato tempo e intervento. Per Mandzukic - lo ripeto - fino ad allora quasi abulico, non è stato difficile mettere dentro di testa.
La Juve vince anche questa e mette tra sè e l’Inter quattordici punti, un’enormità che il campo non giustifica, né comprende. In classifica, a far da contrappeso alla capolista, resta il Napoli che, battendo il Frosinone, può tornare a meno otto. Il campionato non è morto, ma certo - come l’Inter - si sente poco bene.