Non solo Fabio Paratici (qui le sue parole). Nell'ultima conferenza stampa bianconera dell'ormai ex CFO Juve parla anche il presidente Andrea Agnelli

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"Grazie e buongiorno a tutti, è bello ritrovarvi in presenza. Oggi l'obiettivo è il saluto, un abbraccio, dopo 11 anni insieme a Fabio. Vorrei evitare che si trasformi in un'opera omnia con domande di ogni genere. Ho tre temi da toccare con voi, li toccherei e poi non prendo domande ulteriori, perché vorrei che rimanessimo focalizzati sugli 11 anni con Fabio. 

LA STAGIONE - Ci tengo di ringraziare Andrea Pirlo, il suo staff, Baronio, Gagliardi, Tudor, Bertelli. Perché se devo fare un'analisi della stagione, come spesso ho letto in questi mesi di fallimento Juve, io devo dire che in 10 anni se il fallimento significa due trofei e l'accesso in Champions, se l'anno che sbagliamo succede questo diciamo che non vogliamo sbagliare, ma siamo disponibili a sbagliare un anno ogni tanto. Lo reputo positivo, è stato un anno complesso, estremamente difficile. momenti di difficoltà, non sempre abbiamo trovato le risposte e quindi quello che ho detto anche a loro, da questa annata dobbiamo saper imparare, dagli errori che sono stati commessi da parte di tutti, non di una singola persona.

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ALLEGRI - Dall'altro lato è la prima volta che mi trovo a parlare di fronte a voi del ritorno di Max. Quello che voglio sottolineare è la sua determinazione, grinta e voglia di ributtarsi sul campo, sua e di tutto lo staff, in un'avventura che evidentemente come abbiamo annunciato è di lungo periodo, di programmazione e crescita continua. E di questo siamo tutti estremamente felici. Ci sono tante speculazioni sull'assetto dell'area sportiva, quando la riorganizzazione sarà completata ci vedremo in una nuova conferenza stampa. Nel frattempo quello che vedo è grande determinazione e passione in Cherubini, ma del resto il suo lavoro lo dimostra, Fabio, Pavel ed io l'abbiamo visto in tutti questi anni. 

SUPERLEGA - Toccherei brevemente anche il tema competizioni internazionali, che ci vedono coinvolti o almeno citati quotidianamente sui vostri organi di informazione e di tutta Europa. Quello che è importante per me, che per tanti anni ho cercato di cambiare le competizioni Uefa dall'interno, ho fatto tutta la gavetta nell'ECA, da membro della commissione, presidente della commissione per arrivare alla Presidenza dell'ECA e a membro dell'esecutivo UEFA. Abbiamo cercato in tutti i modi di cambiare le competizioni dall'interno, perché i segnali di crisi erano già evidenti prima del Covid e da qua vi riporterei alla proposta ottima congiunta di ECA e UEFA del 2019, che avrebbe già dato con quel sistema tantissime risposte positive che cercano tutti i club europei. Che infatti sostennero la maggior parte dei club di tutte le divisioni e deve far riflettere sulla bontà della proposta. Ma il sistema a questo punto non si può che analizzare: concentra in un monopolio sia il potere esecutivo, sia legislativo che giudiziario del calcio europeo e riserva alla UEFA l'esclusiva sull'organizzazione e la commercializzazione delle competizioni con la possibilità di decidere in maniera quasi arbitraria le regole, attraverso il sistema di licenze è ormai inefficiente. La Superlega non è mai stato un tentativo di colpo di stato, ma un grido di allarme e disperato per un sistema che io non so se consapevole o inconsapevole si indirizza verso l'insolvenza. Vi leggo un documento Uefa, approvato nel 2020, in cui non si cita il problema attuale. Credo che tutti sappiano cosa stiamo vivendo e cosa vivevamo in quel momento. La condizione principale portata all'attenzione dell'Uefa era che l'accordo tra i fondatori (della Superlega) era condizionato al preventivo riconoscimento della competizione stessa da parte dell'Uefa e da subito i club hanno cercato il dialogo con l'Uefa. La risposta è stata da subito di chiusura con termini offensivi e richiesta di pene disciplinari gravissime solo a danno di tre club che non hanno voluto piegarsi alle minacce della Uefa. Inoltre, queste dichiarazioni, oltre che diffuse con metodi arroganti ed esercitando pressioni, alcuni colleghi mi hanno riferito di avere paura, sono state diffuse in totale spregio di provvedimento del Tribunale di Madrid e oggi in pendenza di un giudizio presso la Corte di Giustizia Europea. Non è con questi comportamenti dell'Uefa e di alcuni suoi componenti che si riforma il calcio e si esce dalla crisi. Per fortuna, conoscendo tutti in Uefa, so che non tutti la pensano così. Le basi legali dei ricorsi sono fondate, ma la richiesta di dialogo con FIFA e UEFA rimane. Altri sport ci insegnano questo, anche di spicco a livello internazionale, sono regolati in maniera diversa dal calcio o hanno subito grandi rivoluzioni negli anni. Penso all'Eurolega di basket, che ha portato grandi benefici ai club, ai tifosi. Se non vado errato, fino a qualche giorno fa, gli sportivi italiani hanno celebrato l'ottima performance dell'Armani Milano e a mio giudizio non mi sembra che il basket nel frattempo sia morto. Quasi tutti gli stakeholders del calcio sono d'accordo sul fatto che il modello vada cambiato. I club sono gli unici a portare proposte, perché sono gli unici a sostenere i costi, invece di essere ascoltati vengono demonizzati, insultati e minacciati. Juventus, Real Madrid e Barcellona sono determinate a giungere a una completa riforma delle competizioni europee, nell'interesse anche e soprattutto di quanti in queste settimane ci hanno manifestato la loro solidarietà e paura nell'affrontare questa situazione". 

PARATICI - "Avevo tanti block notes sulla mia scrivania, quello di Palazzo Parigi a Milano (quartier generale mercato Juve) mi sembrava il più adatto alla situazione per questi 11 anni assieme. Ho cercato di fare sempre dei paralleli, da dove abbiamo iniziato ad oggi, da Delneri a Pirlo. In mezzo ci sono stati 9 scudetti, 5 Coppa Italia, 5 Supercoppe, 2 finali di Champions, tanti momenti felici. Siamo partiti dall'Olimpico, oggi Stadio Grande Torino, e siamo arrivati all'Allianz. In mezzo ci sono stati progetti incredibili come l'U23 e le Women. Under 23 che ha anche vinto una Coppa Italia, unico trofeo vinto sia da calciatore che da dirigente da Fabio. Penso al percorso delle Women: 4 scudetti, 1 coppa Italia, 2 supercoppe. Tutti progetti che si riuniscono sotto la leadership e la preparazione di Paratici. Penso ai giocatori che ha portato qui da noi, da ds e CFO, ne cito tre: Tevez, Dybala, CR7. Ringraziando però tutti gli allenatori e i giocatori che sono stati con noi in questi 11 anni. Il calcio è uno sport di squadra e trova il suo meglio nel gruppo. L'unico rammarico che mi è venuto in mente nelle tante trattative - come spesso mi è stato detto "la Juventus segue questo o quel giocatore", il problema è se la Juventus non segue uno o l'altro, questo l'ho sempre detto anche a Fabio, il vero problema è se la Juventus non è su un giocatore di talento, poi la rosa è di 25 giocatori e non si può averli tutti - quel Van Persie con quella cena organizzata in 3 minuti a casa mia, senza me presente, me la ricordo. E quel Van Persie se devo pensare a un rimpianto lo è, anche per la missione in avanscoperta fatta qualche settimana prima. Penso a qualche momento che ha fatto la storia, anche tra di noi, penso alla riunione Marotta, Paratici, Nedved e Agnelli e ci diciamo: "Sappiamo cosa fare?". E poi non l'abbiamo fatto, abbiamo fatto tutt'altro. Penso alle innumerevoli cene, pranzi, penso alle storie di Fabio, del giovane scout in Sudamerica, del modo in cui le racconta Fabio, che potrebbe raccontare calcio per delle ore e lo staresti ad ascoltare sempre. Penso agli innumerevoli Juventus Day e ai cucchiai di legno che sono girati e come ci siamo presi in giro. Penso a quelle rare chiamate alle 7:30 del mattino e io che la prima preoccupazione che avevo era l'incolumità fisica di Fabio, poi in realtà tutto bene, era solo in un fusorario diverso. Penso, per una persona astemia, ai Mojito alle feste scudetto e mi rimarranno ben impressi. Penso che alla Juventus sia arrivato un ragazzo e va via un uomo. Che ha un grande pregio: la curiosità. Fa domande, chiede, si informa. E' istintivo. Altrettanto responsabile, ma soprattutto ciò che ha dimostrato alla Juve, cioè vincente. Ha gestito la Juve in uno dei momenti più difficili della storia del calcio e questo ci ha fatto giocare un calcio surreale. E io penso, la mia sensazione, che queste due stagioni che voi avete raccontato quasi normalmente in realtà non c'è stato nulla di normale per chi ha vissuto da dentro il nostro sport. Una complessità in più. E dopo questi 11 anni, potevo pensare a mille aneddoti, perché le risate e i momenti ce ne sono stati tantissimi. A fine stagione ci siamo trovati nel mio ufficio e abbiamo avuto una chiacchierata di un paio d'ore, la cosa è stata naturale, siamo convenuti alla decisione che questo era il momento di prendere un percorso diverso. Credo che trovare parole sia difficile, ma quella che vale a nome mio personale e di tutta la Juventus è grazie. Grazie di tutto, sono stati 11 anni fantastici. L'unica cosa per il futuro, tanto staremo in contatto, è: non mi chiamare alle 7:30 del mattino.

GOL BORRIELLO A CESENA - Io ero in un parcheggio a Detroit. C'era un Consiglio FCA, al telefono mi arrabbiavo con uno dell'ufficio stampa che non mi mandava le informazioni in tempo, tipo ogni 10 secondi. 

SUAREZ O ALLEGRI PER L'ADDIO? - No, nessuna vicenda esterna ha condizionato. Stare alla Juventus significa anche affrontare situazioni extracalcistiche importanti. In questi 11 anni passiamo da scommessopoli con Bonucci, Conte e Pepe, passando dai discorsi di mafia, arrivando al caso Suarez. Chi sta alla Juventus ha anche questi ostacoli lungo il percorso. Abbiamo parlato per due ore, parlando di 11 anni di storia e assieme abbiamo capito che fatti questi 11 anni era il momento giusto per prendere strade diverse. E nulla ha a che vedere con questo la scelta di Allegri, che comunque nell'ufficializzazione è successiva. Io che conosco bene entrambi, sono due professionisti di primo livello. Se avessimo proseguito in un altro modo, avrebbero proseguito con un unico obiettivo: continuare a vincere. 

PENTIRSI DI QUESTA DECISIONE TRA DUE ANNI COME CON ALLEGRI? - Credo abbia risposto Fabio in maniera impeccabile prima: prendiamo tante decisioni ogni giorno e vanno contestualizzate rispetto al momento. Sostenere adesso che la scelta di due anni fa e la scelta di oggi implica un pentimento è un'assunzione sbagliata. In quel momento era la decisione giusta, in questo momento è la decisione giusta. Secondo noi, evidentemente. Non sono collegate".