L'ARRIVO - “Ci ha messo un po’. Passava dallo status di promessa del Milan a quello di scaricato, anche se su di lui il Sassuolo ha investito, e tanto (16 milioni, ndr). Però è chiaro che aveva bisogno di metabolizzare quello che in apparenza sembrava a tutti gli effetti un salto all’indietro“.
LA CRESCITA - “Ha mostrato da subito di avere grandissime qualità, ma non era mentalmente pronto. Non si rendeva conto di dov’era. Pensava forse di poter ottenere tutto e subito, di avere il posto assicurato, come se gli fosse in qualche modo dovuto vista la squadra di provenienza. Non arrivo a dire che avesse la puzza sotto al naso, ma aveva un atteggiamento un po’ così. Di sicuro era un ragazzo di vent’anni che aveva perso fiducia e consapevolezza, si sentiva quasi tradito. Ha fatto fatica a calarsi nella nuova realtà e infatti il primo anno ha giocato poco".
LA SCINTILLA - “Dopo una partita in cui non aveva giocato e al termine della quale aveva avuto atteggiamenti che non erano piaciuti a noi compagni. Allora io, Pegolo, Peluso e Matri lo abbiamo preso da parte e gli abbiamo spiegato un paio di cose. E, visto che lui è un ragazzo con un’intelligenza sopra la media, ha capito subito. Da quel momento è diventato uno di quelli che in allenamento si impegna di più".
MIGLIORAMENTI - “Al contrario: più giocherà con quelli bravi, più Locatelli migliorerà. È un predestinato. La palla tra i piedi non gli scotta, ha una spiccata personalità e una forte fiducia nei suoi mezzi".
COSA INSEGNA - “Che il calcio italiano dovrebbe avere più pazienza coi giovani. Il fatto che un ragazzo di 19 anni venga scaricato da una società come il Milan per tre-quattro mesi fatti male, ci deve far riflettere”.