Due mesi lontano dai campi, per uno come Maurizio Sarri, deve essere stata una tortura. Forse, avrà riflettuto sui segnali premonitori che il destino ha mandato nella sua ancor breve esperienza bianconera, per chiedersi se su questa annata non ci sia davvero una sorta di malocchio. Due mesi che diventano tre, se si pensa alle giornate estive passate in sala video a seguire i suoi nuovi giocatori, costretto al riposo da una sciagurata polmonite. Due mesi che, però, ha provato ad addolcire con una spruzzata di buonumore; per Sarri sono state giornate lunghe, senza poter allenare, ma senza il fido cane Ciro e l'amico di sempre Enrico, per tutti "Bocca", lo sarebbero stati ancor di più. 

Infatti, il tecnico della Juve ha condiviso il suo tempo di lockdown con gli affetti più cari che è riuscito a portare a Torino. Ciro, il randagio trovato ai tempi del Napoli, è ormai noto quanto il suo padrone, che a più riprese ne ha raccontato il suo speciale legame. "Bocca", invece, è l'amico di sempre, l'uomo ombra che ormai lo segue in ognuna delle sue esperienze, di calcio e di vita. E se alle chiacchiere con l'amico, alle passeggiate con il cane, si aggiunge altro tempo libero passato a leggere qualche libro (non è impossibile ipotizzarlo) ecco che il sessantenne Sarri ha provato ad assaggiare un anticipo di pensione. 

Juve, Nedved e i giocatori lasciano la Continassa: l'ultimo ad andare è Sarri
No, non è questo il giorno, ovviamente, per pensare alla fine. Anzi, oggi è il giorno della ripresa, del nuovo inizio, e Sarri ha ancora delle pagine da scrivere nel suo "libro". Il capitolo Juventus è ancora privo di sostanza, è arricchito di attesa, ma manca ancora di quelle parti che servono a rendere un racconto anche avvincente: le premesse, che si stesse entrando nella fase clou, si sono intravista ad un secondo dalla chiusura del campionato (contro l'Inter), un punto su cui ripartire. Arricchito, probabilmente, da due mesi di grandi riflessioni e qualche sigaretta: anche se questa, forse, era già la sua normalità.