Lo chiamano "processo", prendono spunto dagli americani. Di fatto è un ridimensionamento: dei conti, della rosa, naturalmente delle ambizioni, che sono sempre conseguenza di quel che hai a disposizione. Guardando a cinque anni fa, però, è difficile pensare che il rinnovamento in atto possa portare nuovamente a quei fasti. Può raggiungere dei picchi, certo. Ma mai trovare quello spazio di continuità che sembrava infrangibile. E invece era un castello di sabbia.
Ma cinque anni fa, per certi versi solo cinque, era una Juventus con tutte le carte in mano, ogni possibilità raggiungibile. Si doveva perché si poteva. Si vinceva perché era inevitabile. Anche grazie a quella guida tecnica. Ricordate la formazione dello Stadium? Quella che annichilì l'Atletico?
4-3-3. Che poi era un 3-4-3 o un 3-5-2. La mossa del giaguaro, quando aveva ancora voglia di correre più forte degli altri: Emre Can falso centrale scalfì il muro del Cholo Simeone, tenendo botta e supportando le incursioni di Ronaldo, Bernardeschi e Spinazzola. Non a caso, i tre protagonisti indiscussi e indiscutibili.