LA STORIA - Un anno fa, sembrava stesse iniziando un sogno in piena regola. La chiamata della Juve, l'incontro con Cristiano Ronaldo e poi Zidane, a Mappano Torinese in occasione dell'inaugurazione del suo impianto sportivo. La famiglia per intero trasferita in Italia, da Bagdad, passando per la Norvegia. Tutti con Rashed per compiere il suo destino. I volti noti, le magie con il pallone, le visite al JMedical e quella promessa: "Domani cominci ad allenarti a Vinovo". Ma a Vinovo, Rashed, non ci è passato. La Juve non può tesserarlo e non c'entra niente. Così, il Messi di Palestina ora non gioca. E quelle scarpette comprate in Piazza Castello restano su qualche mensola nella casa a La Loggia, in attesa di nuove occasioni. Che potrebbero essere in Germania, nuova tappa della corsa verso il sogno. Si attende solo il passaporto.
L'inganno di Rashed, il Messi di Palestina che sognava la Juve
A volte i sogni possono far male. Addiritura ingannare. È quello che è successo a Rashed Al Hijjawi e la sua famiglia, che hanno lasciato tutto per inseguire un sogno chiamato Juve e si sono ritrovati con un pugno di mosche in mano. Raggirati, beffati. Ma non dalla Juve, protagonista inconsapevole di questa storia, raccontata da La Repubblica. A parlare, a sfogarsi, dipingendo un mondo in cui ancora i furbi riescono a fare strada, è il padre di quel bimbo, ora undicenne, definito il Messi di Palestina.
LA STORIA - Un anno fa, sembrava stesse iniziando un sogno in piena regola. La chiamata della Juve, l'incontro con Cristiano Ronaldo e poi Zidane, a Mappano Torinese in occasione dell'inaugurazione del suo impianto sportivo. La famiglia per intero trasferita in Italia, da Bagdad, passando per la Norvegia. Tutti con Rashed per compiere il suo destino. I volti noti, le magie con il pallone, le visite al JMedical e quella promessa: "Domani cominci ad allenarti a Vinovo". Ma a Vinovo, Rashed, non ci è passato. La Juve non può tesserarlo e non c'entra niente. Così, il Messi di Palestina ora non gioca. E quelle scarpette comprate in Piazza Castello restano su qualche mensola nella casa a La Loggia, in attesa di nuove occasioni. Che potrebbero essere in Germania, nuova tappa della corsa verso il sogno. Si attende solo il passaporto.
SPIEGAZIONI - Fin da subito la Juve aveva chiarito la sua posizione, anche con i media che avevano parlato dell'approdo in Italia di un autentico fenomeno del web. Il ragazzo non poteva essere tesserato e la famiglia si è vista dare le stesse risposte anche da Chelsea e Barcellona. D'altronde i regolamenti Fifa parlano chiaro: "L'articolo 19 vieta il trasferimento internazionale di minorenni o il tesseramento di minori non residenti nel paese a meno che i genitori non si trasferiscano per motivi non legati al calcio o se il ragazzo vive entro 50 km dal confine o ancora se ha 16 anni e rimane in Europa". E le visite al JMedical? Anche qui va fatta chiarezza. Al centro sanitario della Juve può andare chiunque per qualsivoglia visita o controllo. Rashed questo l'ha scoperto solo dopo, quando ha dovuto sbattere contro un altro sogno infranto.
LA STORIA - Un anno fa, sembrava stesse iniziando un sogno in piena regola. La chiamata della Juve, l'incontro con Cristiano Ronaldo e poi Zidane, a Mappano Torinese in occasione dell'inaugurazione del suo impianto sportivo. La famiglia per intero trasferita in Italia, da Bagdad, passando per la Norvegia. Tutti con Rashed per compiere il suo destino. I volti noti, le magie con il pallone, le visite al JMedical e quella promessa: "Domani cominci ad allenarti a Vinovo". Ma a Vinovo, Rashed, non ci è passato. La Juve non può tesserarlo e non c'entra niente. Così, il Messi di Palestina ora non gioca. E quelle scarpette comprate in Piazza Castello restano su qualche mensola nella casa a La Loggia, in attesa di nuove occasioni. Che potrebbero essere in Germania, nuova tappa della corsa verso il sogno. Si attende solo il passaporto.
Show Player
4