Un episodio importante di singola ribellione che servì in una certa misura ad aprire una falla nel sistema mafioso e che, nel tempo, riuscì a servire da esempio per tutti gli uomini onesti i quali non sopportavano oltre la violenza psicologica e pratica alla quale venivano sottoposti da uno Stato delinquenziale che si era sostituito allo Stato legittimo.
Il mondo del calcio, cresciuto in maniera smisurata come fonte di guadagno illecito, da almeno venti anni rappresenta un terreno sempre più fertile e florido per le strategie delle organizzazioni malavitose. I giornalisti della trasmissione Report lo scorso anno avevano pubblicamente denunciato questa situazione insostenibile anche se non erano riusciti a fare un distinguo netto tra vittima e carnefice. Ora non ci sono più dubbi. La vittima, in questo caso la Juventus, ha avuto il coraggio di fare come Grassi e di denunciare il ricatto. I carnefici, alcuni di loro perlomeno, sono così caduti finalmente nella rete della giustizia.
Immaginiamo e anzi siamo convinti che il sistema mafia-ultras non sia in funzione soltanto per la Juventus e che per contare le vittime non bastino le dita delle due mani. Da adesso in avanti però, anche grazie al lavoro degli inquirenti e della magistratura, ciascun ricattato dovrà sentirsi in dovere di seguire la strada tracciata dalla società bianconera. Senza se e senza ma perché soltanto in questo modo è possibile tentare di contrastare e possibilmente di scardinare il sistema che, sotto copertura di un tifo inesistente, ammorba un patrimonio che spetta in esclusiva alla gente per bene. Cioè alla stragrande maggioranza.