'La Juve non sarà mai il Real': severo ma giusto, va bene per Inzaghi
di
Gianluca Minchiotti
"La Juventus non potrà mai essere il Real Madrid, noi dobbiamo inevitabilmente passare per l’organizzazione del gioco". Lo dice Giorgio Chiellini, palesando al tempo stesso una debolezza e un punto di forza dei bianconeri rispetto al club più titolato d'Europa.
LA TATTICA - La tattica e l'organizzazione di gioco della Juve, prima con Lippi e Capello, poi con Allegri, hanno permesso ai bianconeri di avere sempre la meglio sui Blancos nel doppio confronto a eliminazione diretta in Champions. Storia diversa, invece, per quanto riguarda le finali: due su due le ha vinte il Real Madrid. Grazie al maggior tasso tecnico e alla mentalità. Perché organizzazione e tattica vanno bene fino a un certo punto, poi subentrano altri fattori, ancor più determinanti per vincere titoli a livello internazionale.
LA DIFESA - Chiellini prosegue nella sua disamina, allargando il discorso alla scuola italiana dei difensori, base storica dei successi della Juventus (e della Nazionale): "C'è un buco generazionale perché il guardiolismo ha rovinato un po' tanti difensori italiani. Ora i difensori sanno impostare, si allargano tutti per giocare, e non c'è un difensore che marca. E' un peccato grave perché poi si perde un po' il Dna e le caratteristiche che volenti o nolenti ci hanno portato ad eccellere nel mondo".
LA FORZA E IL LIMITE - La strada di Chiellini è quella istituzionale della Juventus: portiere e difesa forti, organizzazione di gioco, tattica. Da Zoff a Buffon, passando per Peruzzi; da Gentile e Scirea alla BBC, passando per Ferrara e Cannavaro. E allenatori italiani: Trapattoni, Lippi, Capello, Conte, Allegri. E' il credo della Juventus, condiviso al 100% da Andrea Agnelli e Beppe Marotta. E' la filosofia che consente ai bianconeri di primeggiare in Italia: a Torino, ogni anno l'obiettivo numero uno, dichiarato, è lo scudetto. E' la filosofia che, al contempo, rappresenta un limite a livello internazionale.
LA STRADA E' TRACCIATA - E il futuro? L'impostazione sarà sempre la stessa: difensori italiani (Rugani, Caldara) e, probabilmente, un nuovo allenatore nel solco della tradizione: in pole position c'è Simone Inzaghi. Non c'è spazio per un allenatore alla Guardiola, non c'è la volontà di pensare il calcio come lo pensano a Madrid (o al Barcellona, al Manchester United, al Bayern Monaco, nel Milan di Berlusconi).