No, la Juventus Women non è uscita dall’Europa a testa alta. Esce con la testa bassa: la stessa di Girelli che parla in televisione con la voce rotta dall’emozione, la stessa di Rosucci che libera le lacrime in mezzo al campo. Questa è la notizia migliore per tutto il progetto.
 
Nessun senso di appagamento, nessuna soddisfazione per essere arrivate a giocarsi una semifinale di Champions League, senza arrivarci a causa della sconfitta per 3 a 1 contro il Lione. Niente sorrisi nel post partita. Dalla delusione, un messaggio importante: questo è il nuovo livello della Juventus, niente di straordinario, ma il frutto di un lavoro scientifico, la nuova ordinarietà delle bianconere. Sì, perché la squadra di Montemurro ha dimostrato di poter stare al livello delle migliori compagini europee. Le categorie di differenza esistono ancora, il gap c’è, ma il progetto è credibile e ambizioso: i gap si colmano, e per farlo si passa anche da serate come quella di ieri.
 
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Le lacrime vanno assaporate, la delusione deve pervadere ogni fibra del corpo, va ricordata, digerita e poi espulsa. Anche, e soprattutto, così si cresce. La notizia peggiore, ancora più dell’eliminazione in sé, sarebbe stato il senso di appagamento, il retropensiero: “Vabbè, abbiamo fatto il massimo, più di così sarebbe stato impossibile”. Attenzione, tutto ciò non vuol dire sottovalutare il percorso fatto fino ad oggi: quello merita semplicemente un applauso, perché è stato di livello assoluto, perché ha dato lustro a tutto il movimento calcistico femminile italiano.
 
E allora, come dicevamo, la rabbia e la delusione vanno assimilate, ma è fondamentale che ci siano. Affinché diventino un ennesimo mattone del progetto, e non il martello che lo può distruggere. Per finire: grazie Juventus Women, perché avete sognato e fatto sognare. Adesso il risveglio e una promessa: appuntamento al prossimo anno, con ancora più consapevolezza ed esperienza, adesso l’Europa è casa tua.