Ma veniamo a noi. Veniamo all’ufficialità di Thiago Motta sulla panchina della Juventus. Tutto secondo tabella, tempistiche rispettate alla lettera, (quasi) metà giugno doveva essere e così è andata realmente. D’altra parte, quando c’è feeling fin dalla fase embrionale di un dialogo, la fiducia emerge come un ingrediente spontaneo. E la firma – apposta digitalmente – può raffigurare un mero dettaglio.
Chi conosce bene Cristiano Giuntoli continua a dirmi che nella sua testa ci fosse esclusivamente un solo nome: Thiago Motta. Piano A. Stop. La rincorsa parte da lontano, in quanto la stima è datata, con una profonda conoscenza della materia sviluppata ai tempi del Napoli.
Spicca un grande logica in questa scelta. Che si basa sul percorso dell’italo-brasiliano, interessante sia dal punto di vista dei risultati sia nella proposta calcistica, ma anche sulle caratteristiche del personaggio. Che, da giocatore, ha vissuto spogliatoi extra lusso vincendo di tutto e di più. E poi, senza giri di parole, uno che riporta il Bologna in Champions dopo 60 anni è un predestinato.
Thiago non ha la bacchetta magica, ma è un lavoratore instancabile. Così come lo è Giuntoli. Anche per questo motivo, probabilmente, i due hanno deciso di dare vita a un pensiero comune. Il foglio bianco c’è, ora tocca disegnare.
Ah, l’intera Juve ha sostenuto con forza la candidatura di Thiago. Non sono mai esistite altre correnti e soprattutto, com’è sacrosanto che sia, lo Stato Maggiore si è affidato totalmente al sapere di Giuntoli. Lui è il capo dell’area sport, lui ha scelto l’allenatore. Semplice.
@romeoagresti