Nuovo capitolo di Last Banner, l'indagine che vuole far luce sul rapporto tra Ultras Juve e la società. Alessandro D'Angelo, security manager della Juventus, è stato ascoltato come testimone. Ecco cos'è emerso dalle pagine de La Stampa. 

RICHIESTE CONTINUE - "Richieste continue, pressioni costanti, un numero spropositato di messaggi e chiamate a qualsiasi ora. Non posso dire di essermi sentito minacciato personalmente, ma sapevo che se non fossi riuscito a portare a casa il risultato ci sarebbero stati gli scioperi del tifo, sanzioni a carico della società. Anche il mio lavoro ne avrebbe risentito. La pressione era tale che chiesi di essere sostituito nel ruolo di addetto ai rapporti con la tifoseria. Sapevo che si sarebbe scatenata una serie di cose. Tra ultras e società c'era un patto di non belligeranza". Lo strumento era "cedere sulla vendita dei biglietti: non ho mai denunciato per inesperienza e paura". 

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MOCCIOLA - Si è parlato, nell'udienza, anche dell'incontro avvenuto lo scorso 8 luglio 2019 con Dino Mocciola, capo dei Drughi. Mocciola aveva chiesto a D'Angelo 200 biglietti per le trasferte europee con un ricatto: la minaccia era di divulgare un dossier segreto contenente telefonate con Raffaello Bucci, ex ultras e collaboratore bianconero, morto nel 2016. "Mi parlò della vicenda Bucci, per me sensibile e dolorosa, e mi disse che Ciccio aveva più piedi in più scarpe. E che se la Juve avesse denunciato gli ultrà per estorsione, loro avrebbero tirato fuori un faldone con le registrazioni delle telefonate di Bucci. Fui colpito dalla terminologia: sembrava a conoscenza dell’indagine. Alla frase 'più piedi in più scarpe', pensai al fatto che fosse un ex ultrà, un collaboratore della Juve e della polizia, e che avesse contatti con i servizi segreti. O almeno questo venne fuori sui giornali. Ho un rapporto professionale e personale con Andrea Agnelli, che conosco da 40 anni. Per 42, mio papà ha lavorato per la famiglia, come uomo di fiducia. Quella sera mi preoccupai, come se fossero venuti a cercarmi a casa. Vivevo di un compromesso: cedere sui biglietti, per quanto sapevo fosse illecito amministrativo, per garantire una partita tranquilla". Le parole riportate dal Corriere Torino.