CINA - "Com’è andata col Presidente? A gennaio ricevo l’invito del Quirinale alla cena con Mattarella e Xi Jinping. E lì succede una cosa incredibile. Non lo conoscevo di persona, ma lui ama il calcio. Entra, mi vede, rompe il protocollo e mi fa: “Lei torna in Cina, eh!”. E io: “Sì, vediamo…” e gli do una pacca. Mattarella sorride: “Lo sa che mi chiedeva di lei?”. Elkann, Tronchetti e altri accorrono: “Sei stato l’unico italiano!”. È un uomo speciale".
IL PADRE - "Contento? Andava al bar per “Tutto il calcio...” e diventava rosso che dovevano dargli un cognacchino. Era un vecchio socialista. Contro il potere. E la Juve era il potere. Sono andato a salutarlo sulla tomba: “Papà, so che la Juve ti stava sulle palle, ma abbi pazienza: io vado”. Il rapporto con lui? Me le faceva vincere tutte. Dopo mia sorella, e un maschietto nato morto, arrivo io. Allora mica sapevi il sesso: quando sono nato è corso in strada urlando “è maschio, è maschio”. Quando mi ha licenziato il Cesena, nel ’91, sono andato da lui: era giallastro in viso e l’ho portato dal medico. Bilirubina. Un mese dopo è morto tenendomi per mano: non avrebbe potuto se fossi stato con la squadra. Mai preso uno schiaffo. No, uno sì. Lavoravo nella nostra pasticceria, avevo 15 o 16 anni. C’era una dipendente, ci siamo ritrovati soli e siamo finiti sui sacchi di farina. Lui entra e picchia: “Sul lavoro mai!”. Una bella famiglia, non benestante, ma papà ha cambiato mille lavori per farci star bene, e mamma sarta ci cuciva i vestiti alla moda".
IL TIFO - "Da bambino Milan. Abitavo in pineta, lì si allenavano Noletti, Trebbi, Liberalato. Rompevamo sempre le scatole".
CALCIO ITALIANO - "Come si guarisce? Si pensava che con tanti stranieri fosse finita, no? Invece nascono sempre giovani, da Chiesa a Zaniolo, come Totti e Del Piero. C’è la casualità, ma il lavoro sui giovani è decisivo. Sono stati momenti difficili, ma vincere sempre non è bello. Il meglio lo dai quando dici “ti faccio vedere”: le grandi vittorie vengono dai momenti negativi".