La Champions è un'altra cosa. E' - completamente - qualcosa di differente. Di ambizioso e lunatico, di meraviglioso e terrificante. E non c'è nulla come la prima trasferta europea dell'anno: è la sensazione compiuta di andare a giocare negli stadi più belli, contro le avversarie più forti. Il Lipsia non sarà il Real Madrid, ma il primo gesto (molto significativo) che tanti calciatori hanno fatto nella discesa in campo è stato magico: hanno alzato tutti, ma tutti, lo sguardo verso gli spalti. E si sono detti: sopra questo, c'è probabilmente soltanto il cielo. 

L'obiettivo è sfiorarlo con un dito, ma senza la pressione degli scorsi anni, quell'illusione che tanti tifosi - e pure quei giocatori di un ciclo superiore agli altri - hanno coltivato a due passi dal letto, come quel libro che hai sul comodino e neanche apri più. No, questa Champions per tutti i bianconeri è realmente un'altra storia. E' quel "giochiamocela", con la faccia furba. E' quel timore di nessuno e rispetto per tutti, che suona come mossa astuta per evitare allo stomaco di rimuginare in caso di ko. E' quello che ha detto Thiago Motta, pure in tempi non sospetti: non bisogna nascondere il desiderio di vincere tutte le partite, ma bisogna coltivare allo stesso tempo la consapevolezza di essere all'inizio di un percorso. 

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Motta dà spesso risposte veloci, perché non vuole tempo per pensare. Sa benissimo come il tempo, nel dinamismo di un'azione da calcio, sia deleterio, sia il tuo peggior nemico, quello che non ti fa andare con forza perché le energie vanno inevitabilmente altrove. Così parla pure ai suoi ragazzi. Vlahovic non segna? Sì, ma ci sono altri mille aspetti positivi da considerare. Conceicao torna con entusiasmo? Non gli interessa di rischiare: quel motorino di felicità va assecondato nella sua lucidissima follia. 

Le vibrazioni per la partita di Lipsia raccolgono l'entusiasmo di Marassi e sostengono quel sospiro di sollievo tirato dopo tre risultati che avevano raccolto un po' di nubi. Sarà una sfida aperta e la Juventus non cerca veramente altro, sia per sentirsi all'altezza di determinate notti, sia perché non vuole tempo per pensare, proprio come l'allenatore. E' proprio così che ci si prepara alla grandezza: facendo. E se fa vittoria, se proprio la fa, vorrà dire che ha già raggiunto uno degli step principali imposti dal mister: si è ricordata di essere molto più grande degli obiettivi minimi.



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